Quando i bambini fanno….”m….”

Benvenuti alla fiera degli ingenui, dove gli ingenui non sono i bambini, ma tutti coloro che credono ancora che i ragazzini di oggi siano avvolti da quella bambagia di ingenuità che un ventennio fa forse hanno definitivamente abbandonato, quasi in concomitanza del nuovo millennio. Diciamola tutta, non ha funzionato un granché  l’esperimento di sensibilizzare la squalifica della curva juventina causa cori indecorosi nei confronti dei napoletani attraverso l’ingenuità dei bambini, ancora una volta usati a proprio piacimento per cercare di gettare acqua sul fuoco ad una vicenda che avrebbe dovuto restare nei parametri degli “adulti“, dove sarebbe stato più saggio un inasprimento della pena, vista la mancanza di attenuanti e la recidività che oramai va avanti da anni, con la consequenziale respinta dell’iniziativa che “non intenerisce il core“, per dirla in gergo dantesco, ma anzi mette in evidenza un altro aspetto preoccupante relativo alle generazioni future, anche se non cadiamo dalle nuvole e lo avremmo comunque immaginato, visto la situazione in cui versa il nostro calcio.

Facciamo un passo indietro. A seguito della squalifica, l’idea di fondo di portare allo stadio i bimbi al posto dei diseducati e insensibili tifosi bianconeri poteva avere un risvolto positivo anzitutto per il messaggio che avrebbe potuto dare se qualcuno avesse prestato più cura nei particolari, probabilmente l’Italia intera ne sarebbe uscita con qualche macchia sulla coscienza in meno e qualche apprezzamento in più, ed invece è successo come succede nella stragrande maggioranza dei casi in cui il senso civico italico, in combutta con i giudici preposti al rispetto dei regolamenti, capovolge le leggi e presta il fianco agli equivoci, ed ecco così che si corre ai ripari con una multa che mette in ridicolo ancora di più questo incoerente e inadeguato sistema calcio. Quando parliamo di “cura dei particolari” ci riferiamo ad adeguati accorgimenti atti ad evitare quello che è poi capitato, con qualche campagna educativa che forse avrebbe suggerito ai ragazzi di fare i “ragazzini“, dimenticando di aver avuto da sempre quei cattivi maestri degli ultras, ma di certo non soltanto loro, che ogni domenica danno lezioni gratuite di cattivo gusto, che spinge inevitabilmente all’odio. Se avessimo avuto il buon senso di educare al match quei bambini, a cui crediamo non si possano dare colpe se non quella di essere nati in un paese dove o il rispetto del prossimo ti viene inculcato dalla cultura familiare gestita dai tuoi genitori oppure sei condannato a navigare tra gli equivoci e tra ideali distorti che da più parti vengono continuamente messi in discussione, probabilmente lo spettacolo avrebbe avuto risvolti piacevoli, teneri, e avrebbe quantomeno attenuato la cruda e amara realtà che brucia e ci fa vergogna. Ed invece correggiamo gli errori con l’ammenda di cinquemila euro, contro chi? Contro un gruppo di ragazzini che ha gridato “quella parolaccia“, dimenticando di aver soprasseduto sulle macroscopiche irriverenze degli adulti e vaccinati “signori della curva. Oggi essere un ragazzino in Italia è già di per se difficile, figurarsi fare il bambino-ultras cosa voglia dire, per cui, dire “io non ci sto” con questa scelta azzardata e mal gestita sembra quasi scontato.

Una premessa è d’obbligo per evitare che i soliti noti si sentano accusati di avere covato nel nido serpi sotto forma di innocenti ragazzini, è bene che sappiate che oggi i bambini di tutto il mondo, non soltanto quelli che abitano in Piemonte, i Lombardi, i Veneti, i Toscani oppure i Campani, per colpa nostra, e dico nostra, sono dei piccoli uomini o donne che s’affacciano alla vita perdendo con troppo precocità quell’innocenza che strappiamo via dalla loro anima con la violenza dei nostri gesti. Consigliamo vivamente di lasciare crescere e vivere i ragazzini in quanto tali, per rimandare quanto più tardi è possibile l’inevitabile processo di trasformazione che li porterà a diventare i futuri ultras dalla lingua tagliente come una lama e dalle parole che fanno male più di un pugno allo stomaco. Pensavate di alleggerire il peso delle colpe confondendole con il volto innocente di un ragazzino, “l’affare” vi si è rivoltato contro, e adesso sembrate esservi svegliati da un sonno dove cullavate l’ingenua certezza che i bambini non abbiano orecchie per sentire e occhi per vedere come abbiamo trasformato uno sport, una volta sinonimo d’aggregazione dove regnava puro agonismo e nulla più, nel più comodo dei vincoli attraverso il quale deviare le nostre frustrazioni. 

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