Insigne e Di Natale, l’estro e la fantasia di due fuoriclasse made in Napoli

Totò, Lorenzo e il calcio sono una sola cosa. Due corpi e un’anima napoletana. Sono un tacco e un dribbling abbracciati dal talento e baciati dalla classe. E poi quattro occhi neri come le olive che più scugnizzi non si può. Intensamente uniti da quel modo speciale, inspiegabile a parole, di toccare il pallone e d’intendere il gioco, ma allo stesso tempo profondamente divisi da certe scelte che, vuoi o non vuoi, cambiano e condizionano la vita: è screziata dei mille colori di Napoli, quella di Lorenzo da Frattamaggiore; è in bianco e nero il film di Totò da Pomigliano. A memoria gli incontri tra i due si perdono sulle dita di una mano: un paio da avversari, mai in Nazionale da compagni. E a dirla tutta quello di domani al San Paolo potrebbe anche essere uno degli ultimi incroci in campo: vale la pena di godersi, questo Napoli-Udinese. E anche riflettere: perché prima o poi Di Natale dovrà nominare un erede al trono, e obiettivamente Insigne sembra essere piuttosto tagliato per il ruolo. Questione di cromosomi. Questione di calcio.

L’ENCICPLOPEDIA. E allora, vai con l’abbraccio: il grande giovane di 36 anni e il giovane grande di 22 anni. Un’enciclopedia del gol, un campione da 180 gol in Serie A (264 in carriera), e un aspirante fuoriclasse che ha segnato a grappoli in Lega Pro e in B e che ora studia per il definitivo salto nell’Olimpo. Del resto anche Di Natale, dopo l’esordio-champagne con l’Empoli del 2002 – 13 gol in A -, per tre stagioni ha viaggiato sotto la decina, salvo poi diventare una macchina perfetta. In grado tra l’altro di colpi spettacolari di ogni tipo. Che campione, Totò. Un mito che in questo campionato, meno esaltante del solito per i suoi, ha comunque graffiato 4 volte.

CACCIA APERTA. E Insigne? Beh, lui la soddisfazione l’ha assaporata soltanto in Champions, per il momento. E sempre con il Borussia, due volte. Andata e ritorno: poi, stop. Gli manca la liberazione italiana, perché è di vera liberazione che si tratta: ci ha provato in mille modi, ma tra pali, traverse, soffi invisibili e parate non è ancora riuscito a sbloccarsi in campionato. L’ultima firma, d’autore, risale al 21 aprile: Napoli-Cagliari 3-2, rete decisiva a tempo scaduto con il tiro a giro che tanto gli piace. Il digiuno, lungo 229 giorni oggi, e dunque quasi otto mesi, irriterebbe chiunque. Caccia aperta, caccia grossa: sai che soddisfazione fare centro al cospetto del re del gol?

IL RETROSCENA. Quella di domani sarà la terza stretta di mani da avversari: i due precedenti risalgono alla stagione scorsa, una volta al San Paolo e l’altra a Udine. Poi, terza volta insieme, seduti l’uno di fianco all’altro, in giacca e cravatta, in occasione di un premio dedicato al calcio. La ragione di vita di entrambi, l’ispirazione, la gioia, i sogni. Diversi: Di Natale avrebbe potuto giocare a Napoli come a Torino, Milano e anche Madrid, però alla fine ha scelto il Friuli per sempre diventando leggenda e capitano; Insigne, invece, s’è tinto d’azzurro faccia, mani e cuore. “Spero a vita, magari in futuro anche da capitano e con lo scudetto cucito sul petto”. Ecco appunto: strade parallele, le loro. Che, un giorno di un paio d’estati fa, e neanche per caso, si sarebbero potute incrociare: perché l’Udinese s’era interessata a Lorenzo. Concretamente. Ma poi De Laurentiis bloccò tutto e lo consegnò a Mazzarri e magari alla storia.

L’ATTESA. Domani, invece, andrà in scena la storia di una partita tra due squadre con obiettivi diversi: vive abbastanza serena, l’Udinese di Totò; lotta per lo scudetto con il sangue agli occhi, il Napoli di Insigne. E chiede strada. Anzi proverà a dettare legge attraverso e il gioco e i gol. Magari di Lorenzo, magari di un altro. Con l’occhio fisso e la marcatura stretta per Totò il grande. Maestro cannoniere. Ma come si dice: attenti agli allievi. Soprattutto se affamati.

FONTE Corriere dello Sport

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