L’analisi delle cinque sconfitte azzurre e l’idea del cambio di modulo

C’è differenza tra le cinque sconfitte che il Napoli ha già incassato in questa stagione. Non che conti molto per il tifoso, al quale più che il gioco scintillante e i complimenti della critica interessa scendere in piazza ebbro di gioia e sventolando la bandiera, ma c’è differenza. Bruciano tutte, per carità; e tutte concorrono a determinare una situazione che, a oggi, vede gli azzurri a sei punti dalla vetta del campionato, con un piede e mezzo fuori dalla Champions e (quel che è peggio) dentro l’inutile se non dannosa Europa League. Ma dobbiamo guardare a quel che abbiamo, e allora emergono evidenti le differenze. Arsenal e Juve hanno malmenato un Napoli apparso oggettivamente inferiore in tutti i reparti, mai pericoloso e con l’approccio sbagliato all’incontro. A Londra e Torino gli azzurri sono di fatto rimasti a guardare gli avversari dare lezione di gioco, e poco importa se in entrambi i casi il match è stato subito sbloccato (con la Juventus anche con un gol in netto ed evidente fuori gioco). Poco da dire, poco da rimpiangere; molto da imparare, anche in merito all’organico. Con la Roma invece la squadra ha mostrato nerbo e voglia, ma carenze tecniche in uomini dai quali non ci si attendevano amnesie: Pandev e Insigne sotto porta, Cannavaro dall’altra parte del campo, in controtendenza col resto della formazione che ha saputo tenere testa all’allora capolista, in gol solo su due calci piazzati. L’unica sconfitta in casa, quella col Parma, forse è figlia della distrazione e della mancanza di convinzione, perché non riusciamo a immaginare che una compagine costruita se non per vincere almeno per giocarsi ogni competizione ceda le armi confezionando un solo, blando tiro in porta; per di più contro una squadra che, a parte il vecchio bucaniere Cassano che infatti ha realizzato l’unica rete, non annovera fuoriclasse.

E poi, Dortmund. Dortmund è stata un’altra storia. Contro una delle grandi d’Europa, in uno stadio da sempre quasi impossibile, privi di uomini chiave come Zuniga e Hamsik, pur perdendo pesantemente il Napoli ha fatto una partita di grande cuore e coraggio. Non ha mai smesso di provare a fare gioco, di attaccare, di lottare strenuamente prestando così il fianco al gioco che meglio riesce ai gialli di Germania, il contropiede. Proponendo uomini di spessore internazionale, Reina, Albiol, Behrami, e uomini impresentabili a questi livelli, Pandev, Armero, Fernandez, Dzemaili: mai facendo mancare applicazione, forza e rabbia. Riteniamo che questo sia il dato da cui ripartire: è evidentissimo quanto la rosa sia incompleta e fragile, con seconde linee inadeguate, alcuni elementi importanti in una condizione perlomeno approssimativa (Higuain, Callejon, Inler) e altri in cerca d’autore (Insigne, Mertens, Maggio).

Anche Benitez, ci auguriamo, potrà trovare i modi e i tempi per provvedere alle variazioni necessarie: non pare giusto un modulo che prevede il fraseggio costante nello stretto e il possesso di palla se molti uomini, e i centrocampisti nella fattispecie, hanno molta più quantità che qualità e puntualmente perdono a centrocampo palloni letali, come accaduto almeno sei volte ieri. I vicecampioni d’Europa a fine partita si sono abbracciati, trionfanti per lo scampato pericolo: è una soddisfazione anche questa. Minima, inutile e probabilmente dimenticabile, ma una soddisfazione. Per quest’anno, forse, ci si dovrà accontentare.

FONTE Il Mattino

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