Juve-Napoli è una partita doppia: la sfida sul mercato, gli scambi impossibili e gli affari divisi

ZUNIGAC’era Calaiò, certo. Quattordici gol in B, il bomber della promozione. Quell’altro, però, era solo un’incognita. E poi s’era presentato in ritiro a Feldkirchen, in Austria, con cinque chili in più. Il talento c’era, evidente. La serie A pretendeva però esperienza. Non si fidò, Edy Reja. Troppi rischi. Lavezzi era, allora, soltanto un progetto, serviva un centravanti già pronto. Forte. Con le spalle larghe. Grosso fisicamente e che facesse gol. Voleva Zalayeta, insomma. E con lui, anche un centrocampista tosto, di personalità. Che conoscesse la categoria: Blasi per intenderci. I primi affari di mercato tra Napoli e Juventus sono stati loro. Nuova era, diverse relazioni. Amicizie, alleanze, consapevolezza di cos’è che stesse diventando il calcio, sempre più un’azienda. E allora parliamone, che un’intesa si può comunque trovare. Quasi sempre. Perché poi c’è la concorrenza. E la rivalità. E strategie che qualche volta coincidono, e qualcuno deve pur spuntarla. Juventus-Napoli è una partita doppia. C’è il campo. E intorno tutte quelle storie che ne fanno un romanzo. Fatti e personaggi, e perciò pure giocatori passati qua e là, contesi, trattati, chiacchierati.

Quagliarella era il re di Napoli. Uno scugnizzo con la corona in testa. Il San Paolo per Palazzo, i sessantamila lo stuolo di cortigiani adoranti. Una storia già scritta, da lieto fine. Poi quel che proprio non t’aspetti. I musi lunghi, i borbottii da spogliatoio e le scelte tecniche, condivise eppure dolorose. Quagliarella alla Juventus. Tutto in una notte d’estate su una barca in mezzo al mare. Zona Costiera. L’idea, l’intesa, le strette di mano e la decisione. Sofferta. Dubbiosa. C’era il Rubin Kazan che gli faceva ponti d’oro. L’uomo Quagliarella (legittimamente) tentennò, il professionista rifiutò.  «Vado alla Juve».  Un calcio amaro al tifo e alle passioni. Prese la maglia che mai avrebbe immaginato di vestire. Quagliarella a Torino la vicenda di mercato più imprevedibile (e rumorosa) di quella estate.

MOSSE E CONTROMOSSE – E’ il calcio bellezza. Nothing is impossible, niente è impossibile. Rinaudo era di fatto senza squadra. Fuori dai programmi del Napoli. Quel giorno, l’ultimo del mercato, era seduto davanti alla tv, aspettava uno squillo dal suo procuratore. «Alza la voce, alza, fammi sentire: parlano di me…».  Un sussulto seduto in poltrona. Rinaudo alla Juve l’indiscrezione giornalistica che diventò notizia in un attimo.

Titoletti e titoloni. Lavezzi bianconero l’inquietudine napoletana di una sera a cena. C’erano tutti a quel tavolo. L’agente del Pocho, l’intermediario dell’operazione e i dirigenti della Juve. Mai nessuno ha confermato. Ma neppure smentito. Fu una chiacchierata esplorativa. Però intensa. I fatti (di mercato) sono stati altri. Higuain al Napoli il crac. Quaranta milioni di euro per un Pipita d’oro. Concorrenza sbaragliata. Qualcuno però s’era già ritirato. La Juve ci aveva pensato, eccome. Incontri, missioni a Madrid e valutazioni profonde. Soprattutto sul prezzo. Perplessità e scelte: Tevez bianconero, Higuain azzurro.

UNO A TE, UNO A ME …  – Incroci di mercato, e in tutte le zone del campo. Duelli finiti spesso pari: Ogbonna e Zapata, 1-1; e pareggio anche per Vidal e Inler. Questione di ingaggi, rapporti e opportunità. Quello che poteva essere, per la Juve, Zuniga a scadenza. C’era una bozza d’accordo, una promessa. Poi il colombiano ha scelto Napoli per altri cinque anni. Un dribbling e via. Come quel doppio passo di Marco Verratti. Spiccioli, prese di posizione e progetti tattici diversi. La Juve si impuntò, il Napoli ci provò, è finito al Paris Saint Germain. Tra i due litiganti di mercato, capita che è il terzo che gode.

Fonte: Il Corriere dello Sport

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