Photogallery – “Ghost Gol”, carrellata di immagini delle più clamorose sviste della storia del calcio

C_27_photogallery_9005_listphoto_itemPhoto_1_immagineContestualizzare le decisioni arbitrali è spesso abitudine di molti dei principali simpatizzanti delle nuove frontiere del calcio, quelle dove l’errore umane verrebbe quasi del tutto annullato. Decidere se assegnare o meno un gol è, ovviamente, molto più importante del se concedere o meno una rimessa laterale, un fallo, un calcio di punizione o, addirittura, un penalty, per cui questo “pomo della discordia” lo si vorrebbe del tutto opprimere attraverso l’entrata in vigore della famigerata moviola in campo, che affiderebbe alle immagini istantanee, verificate dopo qualche secondo, la decisione da prendere in quel determinato caso.

Purtroppo, ciò che si omette con disarmante frequenza è il saper accettare l’errore, la comprensione del concetto che l’arbitro può prendere una cantonata, almeno quanto l’attaccante che può sbagliare un gol a porta vuota, oppure del portiere che potrebbe farsi scappare la sfera dalle mani, o addirittura del tecnico che può commettere un errore nello schieramento di una formazione. Il giudice di gara dovrebbe, per così dire, rientrare in uno dei parametri sopracitati per spogliarsi di quella carica eccessiva che gli si concede, o almeno che si conferisce al suo operato,  cercando di liberarlo dai preconcetti che, giocoforza, si mettono in moto quando una decisione non ci va giù.

La storia del calcio ci ha insegnato che il tempo passa, il calcio si evolve con le tecnologie, con le necessità del tempo, ma alcuni principi, come quello delle regole basi e, pertanto, della direzione arbitrale, dovrebbero rimanere inalterati, e dovrebbero essere esuli da questa tendenza di creare la perfezione anche nel gioco, dimenticando che l’errore è previsto e, anzi, crea spettacolo e, quindi divertimento. Saranno sicuramente meno divertiti coloro che hanno subito i famosi “gol fantasma”, molti a dire il vero, ma ne abbiamo voluto sceglierne alcuni, quelli forse più famosi, mettendo in luce un unico comune denominatore, che è l’impotenza e la conseguente capacità di accettazione dell’errore, come sintomo di una società che comprende le difficoltà e prende atto che si tratta solo di casualità e non di macchinazioni, come spesso qualcuno ci vorrebbe far credere. Buona Visione!

Sergio Cecere

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