Cori beceri, altro week end nero, cosa è cambiato? Un bel niente…

imagesIn un certo qual modo, si potrebbe dire agli ultras partenopei, o ad una parte di essi, una frase scontata ma riflessiva: “L’avete voluto voi“. Già, l’hanno voluto loro, quegli ultras azzurri che hanno appoggiato un atteggiamento filoxenofobo dei tifosi milanisti quando a San Siro, gli ennesimi cori offensivi e riprovevoli erano stati finalmente puniti dalla giustizia sportiva, con la chiusura della curva rossonera, pena che si sarebbe dovuta scontare ieri sera. Ed invece, grazie anche ad una complicità che ha il sapore di stupida accettazione di un fantomatico codice d’onore del mondo ultras, di cui ne abbiamo ampiamente discusso durante i giorni scorsi, si è capovolto una sentenza, trasformandola in una sorta di diffida, di ammonizione per eventuale recidività. Ieri sera, non contenti, i tifosi del Milan ci hanno dato giù duro, nuovamente, in segno di sfida verso quelle istituzioni fragili quanto un lampadario di cristallo in caduta dal quinto piano di un palazzo, dando ampio sfogo al proprio odio attraverso quella “scaletta” che oramai ben conosciamo.

E adesso? Non ci aspettiamo più nulla, poiché abbiamo assistito all’ennesima morte dello stato, ad una resa che si vive, ahinoi, tutti i giorni, quando si parla di stato, di governo, di istituzioni, di giustizia, sportiva, civile, o penale che sia. In fondo siamo ripiombati nella solita mediocre Italia dalla farsa facile, complice di una gestione giuridica ridicola, piena di falle, che fa acqua da tutte le parti. Consequenzialmente, abbiamo assistito all’effetto domino proprio venerdì sera, in quell’Olimpico che ha inscenato il futuro che ci aspetta negli altri stadi, ovvero un pubblico ostile e pieno di rancore, che si sente autorizzato e armato dallo stato, pronto ad offendere con pensieri, parole, opere o missioni, attraverso l’inguria verbale, e, come ampiamente visto grazie a parte dei supporters romani, anche attraverso lancio di petardi, pietre, e oggetti contundenti vari, come se non fosse uno stadio lo scenario del match, ma un qualsivoglia suolo abbandonato, selvaggio, che si presta all’uso di materiale di risulta, buono per essere trasformato in pericolose armi di battaglia. Ed allora ci siamo scandalizzati nel vedere la curva degli ospiti al San Paolo recintata e chiusa attraverso vere e proprie gabbia, come se ci fossero all’interno scimmie a cui sono state somministrate sostanze medicinali pericolose, come se ci fossero leoni e tigri pronte ad aggredire qualora ci si avvicinasse.

Forse è questo il modo, l’unico, per andare allo stadio in trasferta per i tifosi partenopei, oggigiorno, forse sarà proprio questo il futuro delle prossime partite negli altri stadi che non siano il San Paolo, perché si è, giocoforza, alimentato un meccanismo perverso che mette al centro del proprio bersaglio “il napoletano“, oggi facile obiettivo, domai il simbolo verso il quale sfogare le proprie repressioni. Bravo giudice sportivo, complimenti agli ultras che si sono accattivati i loro “colleghi” attraverso un atteggiamento che ha chiuso il cerchio di un paese allo sfascio anche quando si parla di far rispettare le pene inflitte, un cerchio infuocato, pericoloso, che si avvicina in maniera fin troppo minacciosa ad una miccia che potrebbe far esplodere una bomba ben più pericolosa, ed allora a chi daremo la colpa? Rimediare sarebbe il primo passo verso la ricongiunzione di una rete giuridica sportiva da ricucire, attraverso l’inasprimento delle sentenze, senza possibilità di ritornare sui propri passi, perché altrimenti davvero si rischia di non capire “a che gioco giochiamo“.

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