La ragione per cui vincere domenica sera a San Siro non è chiedere troppo

mi naPrimi in campionato, primi in Champions? Chi di voi l’avrebbe immaginato scagli la prima pietra. Probabilmente, per i meno scettici, ci sarà da raccogliere numerosi sassi, ne siamo sicuri, ma è indiscutibile che una folta rappresentanza di seguaci degli azzurri mai si sarebbe aspettato un exploit di questo genere, messo in risalto da un gioco spumeggiante, mica per opera e virtù dello Spirito Santo? Rimanendo in tema mistico, il miracolo sportivo di Benitez sembra agli occhi di tutti suonare come una premonizione verso una cavalcata finalmente concreta e vincente, dove la società potrà raccogliere finalmente il giusto plauso dopo il famoso work in progress messo in pratica (con indiscutibili risultati) dal presidente De Laurentiis. Ma ora, come ogni bella favola che si rispetti, tutti attendono con ansia la famosa “disfatta” per raccogliere i meriti di una critica di precampionato che aveva, in diversi casi, accusato di mancare, ancora una volta, l’appuntamento con quell’ultimo step, quel sacrificio che sarebbe servito per completare il mosaico di una squadra pronta al 90%, ma che con due/tre innesti l’avrebbe fatta da padrona. Questa, in parole povere, il “J’accuse” della parte critica della tifoseria, a cui si è aggiunta un’opinione generale della stampa che appoggiava in toto queste teorie.

Allora, cosa si può fare per non dare soddisfazione agli scettici supporters e agli atei della carta stampata che non credono si possano raggiungere obiettivi importanti? Perdersi in chiacchiere e in monologhi sull’opera pia delaurentissiana è a dir poco una inutile e controproducente, sia per la crescita della squadra, ma soprattutto non concede la giusta esposizione di una realtà che ha invece altre chiavi di lettura. Chiudersi a riccio quando si toccano certi argomenti nemmeno sarebbe il giusto modo per reagire alla pioggia di aggettivi ricevuti, uno tra i più frequenti è sicuramente quello di eterna incompiuta, considerando che negli ultimi anni la società è stata spesso accusata di evitare il passo definitivo verso quella perfezione che avrebbe reso la squadra meritevole di essere gratificata come “effettiva rivale nella corsa scudetto”. La presenza fissa dei ma e dei però sarebbe invece messa in discussione se il Napoli domenica sera si vestisse da mantide e andasse a violare il campo del Milan con la più classica delle partite perfette, quelle in cui con poche azioni si legittima la vittoria e si porta a casa un risultato che sarebbe forse quello più importante conseguito fino ad ora in questa stagione, il risultato della svolta lo si potrebbe definire, quello della maturazione mentale, quello dello step verso un grado superiore, quello su cui Benitez sta cercando di lavorare, modificando alcuni aspetti caratteriali di buona parte del gruppo, troppo spesso carente quando si è trattato di fare la voce grossa fino alla fine e non soltanto dopo aver conseguito qualche buon risultato.

Il punto della rubrica “Io non ci sto” di questa settimana apre i propri orizzonti sulla necessità di dare continuità al progetto, conferendogli l’assoluta priorità su tutto, e mai come adesso vincere contro il Milan, diretta concorrente in campionato ed in Champions, consegnerebbe in maniera pressoché definitiva quella missiva che certifica che il Napoli quest’anno fa sul serio e che non vuol più sentir parlare di “bella realtà” o il più dispregiativo “eterna incompiuta. Si sente il bisogno di crescere anche sotto questo aspetto, si ha la necessità di sentir dire il nome degli azzurri in contesti che fino a qualche anno fa sarebbero stati solamente un sogno. Ora che ci siamo arrivati ai limiti del sogno, non bisogna fermarsi, ma proseguire, con umiltà e consapevolezza, proprio le lezioni che Benitez impartisce presso i campi di allenamento di Castel Volturno, proprio i due aspetti fondamentali della visione prospettica del mister spagnolo.

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