Il centrocampo non esiste

benitez-guardiola“Il centrocampo non esiste”. Forse una volta lo ha detto Mourinho, o non soltanto lui. Nessun brocardo a sensazione. La quintessenza del calcio, che, e qui potrebbero scandalizzarsi in molti, in fondo ammette soltanto due dinamiche, difendere e attaccare.

Per fare entrambe, per condurre le proprie squadre alla vittoria, i grandi allenatori del passato, quelli del pallone dai tempi della Belle Epoque all’inizio degli anni ’50, erano soliti schierare le proprie formazioni con moduli diversi da quelli più “equilibrati” introdotti dal calcio “moderno”. Si vedevano spesso schieramenti spezzati in due tronconi, con la difesa e l’attacco in due linee quasi parallele. In mezzo, uno o due mediani, non di più. Perché era la filosofia del “complesso di cose”, della fase di gioco, dell’interpretazione collettiva e allo stesso tempo fantasiosa del gioco del calcio.

Il grande Arpad Weisz, forse l’allenatore più geniale e preparato, oltre che innovativo, della storia del calcio, introdusse nei suoi scritti e nei suoi schemi la necessità di praticare un soccer “bilingue”, caratterizzato da un gioco votato ad azioni di attacco e di difesa condotte da tutta la squadra. Il tempo ha poi sospeso, per molti anni, questo atteggiamento di gioco, abbandonato per decenni, a favore di mentalità tattiche successive, che hanno introdotto moduli che rinfoltivano il centrocampo, affidando alle linee mediane le fonti di gioco principali e relegando attacchi e difese al rango di zone periferiche del campo, le prime per ragioni funzionali e le seconde per scopi ovviamente realizzativi, spesso tenendo lontani alcuni ruoli dalle fasi di gioco meno frequenti nell’andamento di un’intera partita.

Non che questo nuovo tipo di gioco fosse inefficace, tutto il contrario, ma, a un certo punto, gli allenatori si sono accorti che accorciando le formazioni a centrocampo, avrebbero ristretto il raggio d’azione delle squadre in uno spazio troppo corto, che non avrebbe messo in condizione tutti i calciatori di rendere al meglio.

Negli ultimi anni, allenatori come Guardiola, Benitez e Mourinho, e non solo, hanno recuperato il genere di schieramento che affida a tutto l’undici in campo il pallino del gioco, affidandolo non più al punto unico di riferimento, il centrocampo, ma alla “spina dorsale” della squadra, dal portiere al centrale difensivo d’impostazione, passando per il mediano tecnico e la punta unica, circondata da cursori palleggiatori che formano attacchi a tre o a quattro, rievocando la maniera che fu delle più grandi formazioni del primo calcio.

Non è un caso che i primi schemi di gioco prevedessero distribuzioni che oggi sembrerebbero assurde. Il 2-2-6, il 2-3-5, erano moduli praticati da molte formazioni di primo Novecento, utilizzati soprattutto in Italia e in Scozia. Poi, il gioco ha iniziato a evolvere i ruoli di terzino e di centromediano, passando per i “mezzi sistemi”, il “vianema” e il “catenaccio” che, poco a poco, hanno affidato a meline e a difese nutrite il modo più efficace di difendere i risultati di vantaggio, leggendo l’esito di una gara in una prospettiva più rigida e rassicurante, piuttosto che provvisoria, come nel caso del “calcio artistico” sudamericano.

In Italia, poi, la squadra che riuscì a realizzare il sistema di gioco più equilibrato tra difesa e attacco, fu l’Inter del trio Skoglund, Lorenzi, Nyer, capace di far muovere tutta la squadra in funzione di ogni dinamica di gioco. Il 4-2-4 arrivò dal Sudamerica, grazie ai modelli di Fluminense e Flamengo, oltre che delle nazionali dell’America latina. Fu proprio il Brasile, nel 1958, a perfezionare la fusione della mentalità europea con quella sudamericana, avanzando una bozza di 4-3-3 mobile, con linee flessibili e terzini fluidificanti che si alternavano nelle fasi di costruzione gioco, un po’ come accade adesso. Poi, il “calcio totale” dell’Ajax e dell’Olanda anni ’70 ha perfezionato la funzione armonica dell’undici in campo, affidando a tutti i calciatori eguali responsabilità nelle azioni di gioco, in una raffinata collettivizzazione che avrebbe, di lì a poco, gettato le basi per i rigidi e quasi “militarizzati” moduli successivi.

Ma il futbol sembra stia tornando alle origini, arricchito e perfezionato dalle nuove strategie tattiche, da innovativi metodi di allenamento e da esasperazioni del possesso palla, insieme a schemi veloci e spettacolari. Anche le difese sono ormai parte necessaria al gioco d’attacco e l’attacco è indispensabile alla fase difensiva. Attacco e difesa, infatti, spesso si incontrano a centrocampo, quel luogo del terreno di gioco che molti considerano così decisivo, ma che, forse, “non esiste”.

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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