Anni ’90, in Coppa Campioni contro lo Ujpest, con “quel diavolo d’un Maradona”

202011_heroaQuel diavolo d’un Maradona“. Recitava così Bruno Pizzul quando Diego scippò la palla dalle grinfie del portiere ungherese per deporre in rete quello che oggi chiameremmo un gol di rapina, ma che all’epoca ebbe il sapore della conferma che un genio è tale anche quando si tratta di eccedere con una furberia. Il 19 Settembre del 1990 il Napoli si apprestava a rappresentare l’Italia in Coppa Campioni, che allora ospitava solamente le compagini che avevano vinto i rispettivi campionati, forse il modo più giusto per portare avanti una manifestazione che oggi ha l’idea di essere troppo articolata e meno esclusiva rispetto alla vecchia coppa “old style”. Ma a questo punto dovremmo tirare in ballo anche il depennamento della famigerata “Coppa delle Coppe” che rappresentava invece coloro che avevano vinto la coppa nazionale, e potevi trovarci chiunque, anche le squadre più sconosciute, ma il discorso sarebbe lungo e rischierebbe di portarci fuori strada. Quella sera al San Paolo c’era aria di consapevolezza, in ognuno era intrinseca la certezza di essere una corazzata che aveva raggiunto forse il punto più alto di un potere che da lì a poco si sarebbe inesorabilmente esaurito, tra perdite di elementi che caddero in quella sindrome d’appagamento che mai dovrebbe affacciarsi in una carriera di un calciatore, e l’età che avanzava per gran parte dell’ossatura di base della squadra. La spinta finale verso il baratro ci penserà a darla proprio lui, il genio Maradona, colto in flagrante a causa di un vizio che ne determinerà una squalifica che suonò come l’addio, quello più infame, nel modo più brutto che ci possa essere.

Ma che sera, quella sera! Padronanza di gioco, la sensazione di poter affondare in qualsiasi momento, attraverso una compattezza di un organico che avrebbe potuto davvero privilegiare anche in Europa, se non fosse stato, da lì a poco, per la maledetta serata di Brema, dove, in campo neutro, gli azzurri caddero ai rigori contro i russi dello Spartak Mosca. Soltanto al 36′ del primo tempo, lo spilungone Baroni, ricevuto un cross dalla sinistra, ebbe la compiacenza di stopparla di petto e di far partire una rasoiata capace di finire la corsa soltanto alle spalle del portiere magiaro, non esente da colpe. Dopo la rete, l’autostima e la capacità di possesso palla resero gli ungheresi completamente inermi, in balia totale degli azzurri, con un Diego a mezzo servizio a causa delle cattive condizioni fisiche che avrebbero dovuto tenerlo in panchina, almeno a poche ore dal fischio d’inizio. Ma lui ci volle essere, ci mancherebbe, la prima in coppa Campioni era un evento troppo ghiotto da farsi sfuggire.

Domanda: Avrebbe mai potuto recitare una parte da antagonista in una serata magica come quella? La risposta è scontata, e fu così che “nostro signore del pallone“, ricevuta una palla d’oro dall’immenso Careca, controlla di petto come una foca ammaestrata (chissà se è lui ad averla ammaestrata o viceversa) ed in mezza rovesciata, di sinistro, mette la palla in porta, solamente deviata dal portiere dello Ujpest, attonito spettatore di quel gesto meraviglioso. E’ giù il San Paolo, più che per le grida, per il giubilo della giocata, per l’ammirazione dell’evento, per la goduria dello spettacolo. 2-0 e partita finita? Nient’affatto, c’è bisogno di una genialata, di uno schiaffo da scugnizzo dato a questi ungheresi che impareranno presto che al cospetto di una divinità mai nulla è dato per scontato. Con qualche massaggio in più e un antidolorifico a sminuire le fitte alla schiena, el Pibe entrò in campo anche nella ripresa, in barba a chi lo aveva dato già in panca, con al suo posto Mauro. Ancora dai piedi del brasiliano Careca, quanto mai ispirato nelle vesti di assist-man, parte un cross al centro pressoché innocuo, che l’estremo difensore magiaro calcola male e si fa sfuggire la palla dalle mani per una frazione di secondo, tempo sufficiente per la scivolata del Pibe, che dopo aver strappato il pallone dalle mani “effetto sapone” del portiere, con un tocchetto sbarazzino, come se fosse uno sberleffo, appoggia in rete la più malandrina delle reti che si sia mai vista al San Paolo.

Delirio di onnipotenza, quella sera, le reazioni a quel circo meraviglioso messo in scena da Maradona & Co. fecero pensare e sognare di essere più forte di tutto e tutti, e forse fu proprio quello il limite di una squadra che, con una maggiore tensione agonistica ed uno sprono più intenso a non mollare mai, anche dopo tante vittorie, avrebbe realmente potuto vincere ciò che oggi sogniamo tutti, alzare la coppa dalle grandi orecchie almeno una volta nella vita, dopo che la morte venga a prenderci, non le diremo nulla.

 

Ecco il tabellino di quella serata magica:

19 settembre 1990

Napoli-Ujpest Dozsa 3-0

Napoli: Galli: Rizzardi, Francini; Crippa, Alemao, Baroni (33’ s.t. Mauro); Corradini, De Napoli, Careca, Maradona, Silenzi (33’ s.t. Venturin)
Allenatore: Bigon

Ujpest Dozsa: Brockhauer; Szabo, Kosa; Szlezak, Kecskes, Varga (8’ s.t. Balasz); Miovecz, Fitos, Huszarik, Eszenyi, Bacsi (19’ s.t. Oroszki)
Allenatore: Kovacs

Arbitro: Goethals (Belgio)

Marcatori: 36’ p.t. Baroni (N), 43’ p.t. e 32’ s.t. Maradona (N)

Ecco il video della gara, commentato da un grande Bruno Pizzul, autentica voce simbolo di un’epoca calcistica che non ci appartiene più:

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