L’editoriale di Ivan De Vita: “Consigli per lo scacco alla Regina”

editoriale_ivan_de_vitaLa miglior difesa è l’attacco“. Napoleone Bonaparte era uno che di tattica ne capiva abbastanza. Discreto giocatore di scacchi, è stato antesignano per molti aspetti della “guerra lampo“, quella combattuta tutta d’un fiato e inaugurata dai tedeschi nel Secondo Conflitto Mondiale. Insomma un pioniere della battaglia offensiva, tenere in mano le redini della disputa senza permettere all’avversario di attuare i propri piani.

Spettacolo e spregiudicatezza napoleonica sintetizzano il “calcio totale” olandese degli anni ’70, infarcito di corsa, pressing asfissiante, intercambiabilità dei ruoli e difesa molto alta. Più recentemente, in Italia, il maestro della filosofia d’attacco è stato Zdenek Zeman, con risultati alterni. E poi, ovviamente, nel nuovo millennio, il fenomeno Barcellona è quanto di più armonioso e vincente il calcio abbia mai potuto inscenare nella sua storia.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Esempio lampante il Brasile, storico dominatore del pallone, eppure spesso sgozzato ad un passo dal traguardo perchè tradito dalla sua retroguardia ballerina. Senza fare salti negli archivi, basti pensare a quanto la cura dei dettagli nei meccanismi difensivi abbiano inciso nei successi del Milan di Capello, dell’Inter del Triplete o della Juventus pre e post-caduta in serie B.

La maggiore ombra nelle ultime stagioni del Napoli è indubbiamente il pacchetto arretrato. Certo, avere un extraterrestre al centro dell’attacco lascia in secondo piano la questione realizzazioni. Ma in fondo, di riffa o di raffa, gli azzurri hanno sempre vantato una significativa propensione alla rete, anche ai tempi di Sosa, Zalayeta, Denis e Quagliarella. Il campanello d’allarme è suonato quando poi si è dovuto rinculare ed opporsi alle folate avversarie. E in questi casi, altro che scacchiera del buon Bonaparte. Il Re e la Regina d’azzurro dipinti fanno il segno della croce e si stringono nell’ultimo abbraccio!

L’anno scorso l’allegra brigata guidata da Paolo Cannavaro ha incassato ben 59 reti. Un quantità spropositata per chi vuole lottare per il vertice, se si tiene conto che la Juventus ne ha al passivo solo 38. Stesso mesto bottino nella stagione 2011/2012. Insomma una fastidiosa costante. E l’assioma zemaniano, tradotto anche in madrileno, “basta fare un gol più dell’avversario” ha quel carattere sensazionalistico che non si sposa affatto con il pragmatismo a cui sovente il campionato italiano chiede di attingere.

A volte si è trattato di errori di reparto, come nel caso dei calci da fermo, un’autentica bestia nera. In molte circostanze, però, si sono evidenziate le lacune dei singoli, talvolta devastanti sul risultato finale. Il pacchetto arretrato non è mai stato correttamente puntellato e i dettami di Mazzarri troppo spesso scriteriati. Spesa folle per prelevare Britos dal Bologna, atteso per dieci mesi a causa di un infortunio e mai parso un calciatore dal profilo internazionale. Gamberini, unico acquisto in difesa della scorsa sessione estiva, è certamente affidabile ma modesto. Fernandez è una mina inesplosa, Rolando praticamente una meteora, ma la loro gestione è stata quanto meno azzardata. Infine il Capitano che, a dispetto delle critiche subite, al di là di qualche lapsus ha mantenuto un rendimento accettabile seppur non eccelso.

La punta di diamante era Hugo Campagnaro, finito all’Inter per le ormai solite diatribe sull’ingaggio. Raul Albiol è stato scelto da Benitez per rimpiazzare l’argentino. L’ex campione del mondo viene da un anno burrascoso al Real e si spera possa tornare ai livelli di qualche tempo fa.

I punti interrogativi restano tanti e non vanno solo schiaffeggiati, ma sollevati e lanciati dalla finestra. E a supportarci nell’impresa, quest’estate come non mai, c’è il Dio denaro. Il teatrino della prossima squadra a cui dobbiamo regalare manciate di milioni ha stancato un po’ tutti, tifosi compresi. Jackson Martinez non vale 40 milioni, forse nemmeno 35. Dilapidare il tesoretto Cavani come un tossico-dipendente che vince al Superenalotto è troppo ingenuo. E potremmo pentircene amaramente.

Benitez predilige caricare il suo arco di frecce d’attacco per variare tema tattico e uomini avanzati a seconda delle gare. Ma i due pomeriggi di Londra, seppure con tutte le attenuanti del periodo, hanno mostrato una volta di più il nervo scoperto azzurro. La coperta corta va rattoppata a suon di banconote, cercando il giusto equilibrio tra desideri ed esigenze. Skrtel e Luis Gustavo in pole, Astori (sempre che la bottega Cellino ceda ai saldi) e Rami altre due valide opzioni. In fondo lo stesso Napoleone insegnava che è “necessario avere la stessa artiglieria del nemico. Quanto migliore sarà la fanteria, deve essere accompagnata da buone batterie“. Rafè spalanca le orecchie e piazza lo scacco alla Regina d’Italia.

Ivan De Vita

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