El Cha Cha Cha, storia di un attaccante dai mille soprannomi

jackson_martinezPer gli abitanti di Quibdó, un’area forestale della Colombia, la storia di Jackson Martínez, classe 1986, è simile a un miracolo. Combinazione di eventi fantastici che si può realizzare solo una volta nella vita. Fisico gracile, famiglia umile, centocinquanta bambini che giocano contemporaneamente sullo stesso campo di gioco. Poi la consacrazione, i club colombiani, messicani, l’Europa, la ribalta mondiale. Materiale sì per Aurelio De Laurentiis, ma per un film. Soprannomi? C’è solo da scegliere: JM9, The Thriller, El Ticholo, La Pantera, El Diablo, Cha Cha Cha. Uno per club anche se quello a cui tiene di più è l’ultimo. Era del padre che ballava a quel ritmo dopo ogni gol segnato. Il primo che gli hanno affibbiato è però un altro, molto più cinematografico: l’indigeno.

Già, perché il piccolo Jackson arrivava al campo di gioco de La Normal, un’area verde per sei scuole e centocinquanta bambini impegnati più o meno contemporaneamente, dall’entroterra delle foreste. E lì nonostante il suo fisico, alto e gracile, doveva contendere il pallone a decine di compagni indemoniati che giocavano tutti insieme con un solo obiettivo: segnare il gol. Testa, piede, spinte e potenza. Tutto era lecito in quelle mischie spaventose chiamate partite. Il Deportivo Encizo y Coopebombas, club dilettantistico della vicina Medellin, lo nota per primo, poi l’Independiente per sbarcare nel mondo dei professionisti. Solo che Martinez abitava comunque nell’entroterra e mister Pedro Sarmiento racconta che senza soldi e senza mezzi di trasporto arrivava già stanco all’allenamento. A 18 anni era solo una grande promessa ma nulla più. Se non altro perché un gigante: 1.84 metri di altezza. Apparizioni sporadiche. Nulla da segnalare. Finché il fiore della foresta sboccia e nel Torneo Finalizacion del 2008 segna dieci gol in 23 partite e tutti a chiedersi dove fosse nascosto il goleador indigeno. Cha Cha Cha Jackson Martinez spicca il volo. Tre gol nella Libertadores contro il Penarol con un piede infortunato. Vince il campionato ed è eletto miglior giocatore del torneo.

Destro, sinistro, testa. Segna in tutti i modi. Per trasferirsi ai messicani del Jaguares de Chiapas straccia un accordo con i coreani dell’Ulsan Hyundai. Sembra che gli avessero promesso una casa e altri benefit poi negati. Liverpool, Fulham e Stoke City si accorgono del colombiano ma nel 2012 arriva il Porto che offre 11 milioni di dollari. È l’erede di Falcao e Hulk e come farsi amare dai suoi nuovi sostenitori? Semplice. Entra in campo alla prima partita disputata e vince la Supercoppa lusitana con un gol al 90’. Meglio di così.

Il resto è storia di oggi. Trenta partite, ventisei gol, miglior giocatore del campionato. E una magia da rintracciare su Youtube. Terza giornata di campionato contro il Beira Mar. Suggerimento di James Rodriguez, stop di ginocchio spalle alla porta e tacco al volo. Da far cadere lo stadio.

Fonte: Il Mattino

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