A Dimaro sembrava un giorno come un altro…

Sembrava un giorno come un altro. Un giorno cominciato con la solita sveglia che suona troppo presto, i soliti due caffè, i soliti primi dieci minuti di allenamento persi per indolenza, i soliti saluti agli amici sul campo. Ma nell’aria c’era un entusiasmo diverso. Il nome di Higuain circolava insistentemente dalla sera prima e lo striscione che alcuni amici stanno preparando sul campo ci dà la conferma che il nome dell’argentino è quello giusto. “Un vero argentino non gioca a Torino. Benvenuto Pipita”. Che sia chiaro subito. Appena arriva. Se poi arriva che noi siamo ancora qui, allora questo ritiro si potrebbe trasformare in qualcosa di storico. Se poi ci dicono che potrebbe addirittura arrivare in serata, allora quello che sembrava un giorno come un altro, si potrebbe trasformare in qualcosa di eccezionale. E così è stato.

Non poteva essere un giorno come un altro. Un giorno cominciato con la notizia dell’accordo con Higuain, due caffè uno più buono dell’altro, un allenamento gustato fin dal primo secondo in cui abbiamo messo piede sul campo, incontri con amici che sono diventati presto una famiglia. Nell’aria c’era entusiasmo, sì, ma nulla in confronto a quello sarebbe successo di lì a qualche ora.  Appena sappiamo che il Pipita arriverà alle 12:20 a Fiumicino, che farà le visite mediche e che poi volerà a Verona e per mezzanotte sarà a Dimaro, l’entusiasmo si è presto trasformato in frenesia. All’improvviso si sono susseguite telefonate con amici che erano a Napoli, con amici che erano a Verona, con amici che erano a Dimaro. Messaggi di invidia, ma anche di voglia di condividere. E piano piano prendeva forma dentro di noi il pensiero che stavamo per assistere ad una giornata storica per il nostro Napoli. E così è stato.

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Non è stato assolutamente un giorno come un altro. I due caffè della mattina hanno avuto un gusto divino, un allenamento al di sopra di ogni aspettativa, la famiglia con cui condividiamo la stessa passione ci aspettava a braccia aperte. Nell’aria c’era voglia di organizzarsi per il meglio per dare il giusto benvenuto ad un grande giocatore. In me c’era il desiderio del dono dell’ubiquità e stare contemporaneamente a Fiumicino ad accogliere il nuovo giocatore del Napoli, a Napoli per ascoltare i vicoli e i giornalai e i baristi e i vecchietti alla fermata e i ragazzini in piazza e i fruttivendoli e le cassiere e i saccenti e i contestatori a prescindere e gli inguaribili ottimisti. E poi a Dimaro. Mi son dovuta accontentare della terza e ne sono felice. Durante il pomeriggio il nostro entusiasmo cresceva a suon di notizie di mercato che vedevano un Presidente infervorato. Martinez e Gonalons su tutti. E i commenti univoci: “Chist’ è uscito pazzo!” Gente improvvisamente preoccupata per le spese folli di DeLa, gente che fino a due secondi prima era preoccupata per le spese tirchie di DeLa. Poi ditemi chi sono i pazzi. Insomma, ci si prospettava davanti una giornata follemente bella. E così è stato.

Non doveva essere un giorno come un altro. Questo era il giorno dell’arrivo del top player che tutti volevano. Ed è arrivato ad una cifra alta, può darsi anche troppo alta, ma è un venticinquenne di eccezionale passato e di ottime speranze, uno abituato a giocare per vincere e che è già entrato nei cori e nei cuori. Insomma, noi lo abbiamo aspettato. Eravamo in contatto con amici a Verona, pronti a dirci l’ora di atterSeraggio. Appena avuto l’ok, abbiamo calcolato il tragitto e ci siamo fatti trovare all’ingresso. Ci hanno depistato, facendoci credere che il Pipita fosse nella prima auto e invece era nella seconda. Ma noi abbiamo corso come dei bimbi dietro il carretto delle granite sul bagnasciuga a ferragosto. Poi lì, la follia non è stata più la nostra, ma di un Vitale non degno di tifosi come noi. Si è affacciato, con modi simpatici ci ha invitato ad andarcene perché l’avevamo svegliato, e appellandoci con affetto e stima. Il battibecco con i tifosi è stato inevitabile e temo, o spero, continuerà anche domani in allenamento. Brutto episodio che ha rischiato di rovinare la festa, ma quando dal balcone si è affacciato Higuain, allora abbiamo compreso la differenza tra un campione e un cascione che, se vecchio e inutile, va dato via. Almeno questo era il pensiero unanime di chi aveva fatto chilometri anche solo per due secondi di saluto.

Mentre stavamo tornando al bar per brindare assieme, un ragazzo sconosciuto e, nella sua sincera stranezza, simpatico mi ha detto: “Però è stata una giornata emozionante!Abbiamo mangiato bene ed è arrivato pure Higuain!”. Ecco. Doveva essere un giorno emozionante. E così è stato.

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