Jakub Blaszczykowski e quella sua infanzia messa a dura prova

250px-Jakub_Błaszczykowski3Jakub Blaszczykowski, detto “Kuba”. Forse il nomignolo è più pratico alla pronuncia. Cognome complicato. Mai quanto la sua storia personale, che a definirla così si rischierebbe comunque l’irriverenza. I ricordi d’infanzia di Kuba sono popolati dai demoni della sopportazione.

Un giorno, all’età di undici anni, Jakub assiste all’accoltellamento della madre Anna, ferita mortalmente da suo marito, Zygmunt, padre di Jakub. Quella che sembra una tragedia greca in chiave moderna, è il momento più delicato della vita del giovanissimo Jakub, che soltanto grazie all’aiuto di alcuni familiari riesce ad uscire da uno stato doloroso che per i primi cinque giorni successivi al delitto lo tiene costretto a letto senza nemmeno riuscire ad alzarsi.

Lo zio Jerzy, ex calciatore, lo aveva iniziato al calcio. Ma a undici anni, quell’atroce delitto che a Jakub sottrae la madre e manda il padre in galera, il ragazzino polacco che ancora non sa di poter diventare un grande calciatore, per un anno non riesce a mettere piede in un campo di calcio. È ovvio che lo stato emotivo di un bambino che vede il padre ammazzare la madre non può che precipitare nei fondali inesplorati dell’angoscia e della disperazione. Soltanto Jakub sa quello che sta provando.

L’aiuto della nonna, la signora Felicja, lo riporta poco a poco al recupero di una più confortante serenità interiore, sempre in una condizione approssimabile a quella di un reduce da un trauma così violento.

Poco a poco, Jakub riprende a giocare a pallone, passando per le giovanili del Rakow e del Gornik, per poi indossare la maglia del Wisla Cracovia. Nel 2007, Kuba viene ingaggiato dal Borussia Dortmund, affermandosi come mediano di grande valore in una delle squadre, oggi, più stimate nel panorama internazionale, confermando pure il suo talento nel centrocampo della nazionale polacca. Nel 2008 e nel 2010, è stato premiato come miglior calciatore polacco.

Blaszczykowski ha sempre detto di non aver mai voluto parlare di quella tragedia, tenendosi dentro il ricordo di quel giorno e di quello che è stato dopo. Ha dichiarato di non aver perdonato il padre e di non aver mai compreso le ragioni di quel gesto.

Jakub considera la fede e la Bibbia due strumenti che lo hanno aiutato molto, ritrovando un poco di tranquillità soprattutto grazie al gioco del calcio, che grandi soddisfazioni gli ha dato e gli sta dando. Il gioco ha in qualche maniera soccorso le più serie sperimentazioni. Ma per Kuba, questo è sicuro, nulla soppianterà quel pianto estremo della sua ultima infanzia.

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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