CdS: “Quattro motivi possono legare Cavani al Napoli”

PERMANENZA CAVANIPERMANENZA CAVANI | Dica sessantatrè: però ad alta voce, e soprattutto con le mani piene di euro; altrimenti il resto è il nulla, è un vuoto pneumatico in cui lasciarsi andare, il chiacchiericcio da mercato che ha un senso relativo. Sessantatré milioni, uno sull’altro, o anche con accredito bancario: però senza avere il desiderio di infilare nell’affare del secolo contropartite tecniche, né di avanzare la richiesta di sconti: vale quanto stabilito dalla clausola di rescissione, la via di fuga concessa un anno fa alle legittime aspirazioni del Matador, uomo di mondo conteso da chi ama il calcio nella sua complessità, un bomber da Real Madrid o anche da Bayern Monaco, da Manchester City e anche da Psg, un goleador per qualsiasi latitudine e per ogni stagione. Si scrive Cavani e ci si proietta in un sogno trasversale, che va dalla Francia alla Spagna, dalla Germania in Inghilterra e coinvolge sceicchi e munifici signori ma che rapisce innanzitutto il Napoli di Benitez e quei sei milioni sparsi nell’universo che contano i giorni: sino al 10 agosto, non un minuto oltre, venghino signori venghino, ma con la consapevolezza che carta canta e che scripta manent e che dunque bisognerà piegarsi nel contratto. Sessantaré milioni di euro, altrimenti c’è pure la risposta alla domanda che sorge naturale: e se Cavani restasse il principe azzurro? E se il Matador rimanesse laddove s’è conquistato la sua fame in tre anni indimenticabili? Centoquattro reti di protezione: sognare non ha prezzo.

LUI E IL NAPOLI – C’è un bambino dentro ognuno di loro e c’è un momento in cui si resta a giocare con se stessi, con ciò ch’è stata l’infanzia, con ciò che verrà, con quel che s’è desiderato quando i pantaloni erano corti e con quel ch’è cambiato: c’era una volta il piccolo Cavani, che inseguiva gli aquiloni e il Real Madrid e il Barcellona, l’aspirazione di qualsiasi fanciullo che in un pallone di cuoio, di tela o di pezza decide di ficcarci la propria fantasia: “Quando ero piccino, mi piaceva immaginarmi al Real Madrid o al Barcellona. Ma ora che sono al Napoli, sono orgoglioso di poter indossare questa maglia”. Così parlo l’altro Cavani, il bimbo ch’è diventato uomo, che ha scalato il calcio, che ha approdato nell’Olimpo degli dei, che sta alle spalle di Diego Armando Maradona e vorrebbe raggiungerlo e superarlo perché “bisogna lasciare una traccia di sé e io sono qua per fare la Storia”. O, altrimenti, se proprio non fosse possibile, riuscire a restare un po‘ il Peter Pan del calcio, arrotolare il tempo ch’è filato via e riscoprire ch’è un piacere andarsene incontro alla favola che qualsiasi bambino ama raccontarsi: Real o Barcellona, certo, altrimenti Napule è…

LUI E IL PRIVATO – Raccontano che dietro ogni grande uomo ci sia una donna: e allora, va a finire che la destinazione, possa restare appeso alle indicazioni del cuore, che in certe scelte incide eccome, che può avere un peso e può spingere a riflettere ad oltranza. Sessantatre milioni di euro potrebbero anche non bastare, perché poi bisognerebbe aggiungere la volonta del calciatore: nelle leggende metropolitane di Napoli – o anche nelle viscere di un desiderio estremo per poterci credere ancora — entra di diritto Maria Rosaria, giovanissima casertana divenuta, da un po’ l’altra metà del cielo del matador. La rivoluzione familiare s’è sviluppata in maniera prepotente nell’ultimo semestre, quando Cavani e sua moglie, Maria Soledad, son entrati ufficialmente in crisi e il calcio e i gol hanno ceduto il posto al gossip: “Ma io vorrei essere giudicato per ciò che faccio in campo, lasciando che la mia privacy resti tale”. Ma una star di quel livello e consapevole che il sottile limite tra il privato e il pubblico rischia di essere scavalcato di slancio: e cosi Maria Rosaria, una fans di San Marco Evangelista, è diventata la dama Che potrebbe stravolgere qualsiasi piano altrui.

LUI E IL SAN PAOLO – Meglio essere il primo al San Paolo che il secondo altrove: che sia Manchester, che sia uno spicchio della terra in cui Cavani potrebbe confondersi in un organico spaziale. Una stella tra le stelle, insomma, con la cometa che guida, la scia luminosa da seguire. E‘ una ipotesi – delle quattro – la meno intrigante, ma ha un suo perché ch’è contenuto nella riflessione di mamma Berta d’un mese fa, quando nella tormenta delle mille voci si inseri con autorevolezza quella donna assai ascoltata dal Matador: “Lui ancora non conosce quel che accadrà, Napoli è una città meravigliosa e vive di calcio, l’affetto della gente non ha eguali ed io ho sempre detto a mio figlio: puoi andare da qualsiasi parte, ma nessuno ti amerà come ti stanno amando qua”. Poi i calciatori ragionano, riflettono, non lasciano che siano solo i soldi a tracciare il loro percorso, ma sentono il richiamo delle proprie emozioni e il San Paolo è rimasto calorosamente legato al proprio goleador, sino all’ultimo minuto dell’ultima gara, quella con il Siena e quando è finita, tra le pieghe d’una festa annunciata per quella Champions League conquistata, poi ha spedito il suo messaggio attraverso quel boato finale, quell’applauso travolgente durante il giro di campo. Meglio essere il primo a Fuorigrotta…

LUI E BENITEZ –  Rafa lo sa e però ci conta: perché ci sono verità che non si possono tacere, men che meno al momento della firma. La chiarezza, innanzitutto: e Benitez ha scoperto ben prima che dicesse sì quali fossero gli orizzonti: contratto di Cavani valido sino al 2017 ma clausola inserita come spada di Damocle e se qualcuno avesse presentato l’assegno da 63 milioni di euro… “Aspettiamo”. Un Cavani così, tre anni e centoquattro reti, capocannoniere fresco di laurea, è un top player con pochi eguali nel mondo: e allora, un’occhiata in giro e inevitabile, per non lasciarsi trovare impreparati, però val pena di credere che nulla cambi. Benitez se ne sta alla flnestra, con il fascino conquistato nel corso di una carriera lustrata da una serie di trofei che valgono, eccome, anche nelle valutazioni del Matador, al quale – dal punto di vista tecnico e tattico – ha sempre scatenato curiosità Pep Guardiola, un totem per chiunque, Matador compreso. Il calcio si gioca con i piedi, ma anche con la testa: e Benitez rappresenta un elemento di richiamo egualmente significativo, un allenatore che attrae come una calamita, che potrebbe attrarre a se un Matador eventualmente incerto.

Fonte: Corriere dello Sport

 

 

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