L’editoriale di Luciana Esposito: “l’altro Napoli”, quello delle donne

editoriale_luciana_espositoLa Napoli calcistica vive, concepisce e percepisce, come unico e supremo motore d’espressione di emozioni e divertimento, “un solo Napoli“: quello che scende in campo al San Paolo e che vede uomini riempire le maglie azzurre. 

Eppure, in questa stessa Napoli, esiste “un altro Napoli” in grado di conferire uno strenuo e pregevole contributo a questo sport: quello che scende in campo al Collana e che vede donne riempire le maglie azzurre.

Il Napoli Carpisa Yamamay, quello eccelsamente guidato da mister Peppe Marino, reduce da un’annata encomiabile, della quale la Napoli calcistica dovrebbe andare fiera, esattamente come sa esserlo della conquista del secondo posto da parte del Napoli dell’ex timoniere Mazzarri.

Nell’anno d’esordio nel Campionato di Serie A femminile, le azzurre, hanno concluso la stagione conquistando un ottimo quinto posto in classifica, chiudendo il girone di ritorno da imbattute e consacrando il Collana quale vera e propria roccaforte, in virtù del fatto che, tra le mura amiche, non perdono, ormai, da più di due anni.

Per il secondo anno consecutivo, inoltre, le azzurre hanno conquistato la semifinale di Coppa Italia.

Tuttavia, proprio ieri, sul campo del Tavagnacco, non sono riuscite ad imporsi ed hanno dovuto, così, abbandonare il sogno di innalzare il loro primo trofeo verso il cielo azzurro di Napoli.

Quel cielo affamato di feste, gioie e vittorie.

Quel cielo abbastanza grande e generoso da poter abbracciare “due amori”, “due Napoli”: quello degli uomini e quello delle donne.

Perché quando queste ragazze scendono in campo, si battono contro due avversari: la squadra di turno e l’infimo pregiudizio che le vuole relegate ai fornelli, piuttosto che a sgambettare sulle punte con addosso un tutù rosa.

Ovunque, purché non in un campo di calcio, perché quello sport “è dei maschi”, “è roba da maschi”.

Eppure, è sufficiente vedere con quale veemenza calciano il pallone per comprendere che il motore che muove i piedi di queste ragazze è la passione, pura, scarna ed essenziale per questo sport.

Questo conferisce un’estimabile valore aggiunto ad ogni loro singola prestazione ed è ciò che rende il loro modo di interpretare il calcio semplice, disadorno, pulito, vero, avulso dalle milionarie logiche degli sponsor e degli ingaggi da capogiro.

Loro sono abituate ad esibirsi contornate da spalti contenuti e poco gremiti di pubblico, ma sanno che gli applausi che giungono a suggellare le loro prestazioni, sono tanto sinceri quanto meritati.

La prorompente generosità del capitano Esposito, la raffinata classe di Giuliano, la preziosa esperienza di Masia, la sontuosa plasticità di Casaroli, l’acerba compostezza di Di Marino, l’arcigna autorevolezza di Morra, la preziosa caparbietà di Barreca, l’efficiente dinamismo di Filippozzi, la verace genuinità di Rapuano, la sopraffina tecnica di Giacinti, l’aitante leggiadria di Franco, la lesta elasticità di Radu, la sagace grinta di Schioppo, l’instancabile spirito di sacrificio di Kensbock, la morigerata parsimonia di Barbieri, l’arguta abnegazione di Riboldi, la sbalorditiva perfezione aliena di Yamamoto, l’irrefrenabile dedizione di Caramia, il viscerale attaccamento alla maglia di Pirone. 

Queste sono le anime che compongono la rosa “dell’altro Napoli”: coraggiose, scaltre e giovani donne, guerriere che identificano la loro armatura nella maglia che indossano e in nome della quale danno tutte se stesse, ogni volta che scendono in campo.

Loro, queste ragazze, professioniste vere ed impeccabili, saprebbero conferire una significativa accezione di senso al concetto di “calcio” di tutti quelli capaci di rivelarsi talmente innamorati di questo sport da essere in grado di spogliarsi del pregiudizio legato al binomio “donna-pallone”, pur di apprezzare il modo di rendervi omaggio inscenato “dall’altro Napoli”.

Del resto, le stesse parole che state leggendo, nascono dalle mani di una donna.

Mani che hanno applaudito e narrato le gesta di Cavani, Hamsik e compagni, ma che, con la stessa dedizione, hanno acclamato “l’altro Napoli” e ne hanno raccontato successi e sconfitte.

Mani che lottano contro i medesimi pregiudizi con i quali battagliano le ragazze “dell’altro Napoli”.

Eppure, anche noi donne, a conti fatti, questo tanto osannato calcio, sappiamo trattarlo con i guanti di velluto, ma per accorgersene, comprenderlo e percepirlo è necessario sgomberare la mente da obsoleti e stolti preconcetti.

Fa specie che quegli stessi napoletani che odiano essere discriminati dai “Signori del Nord”, si ostinino a non spalancare le braccia a queste ragazze, figlie della loro stessa terra, instancabili eroine, devote serve del calcio, innamorate della maglia azzurra.

Proprio come tutti voi. 

Luciana Esposito

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