Mazzarri story, quattro anni di successi. Ripercorriamoli…

Mazzarri storyMAZZARRI STORY | Ottobre 2009, maggio 2013. Quasi quattro anni insieme. Centottantadue partite tra campionato, coppe europee, coppa Italia e supercoppa italiana. Tra Napoli e Mazzarri c’e stato più di un semplice quanto felice connubio. Un rapporto quasi viscerale. Basato sull’orgoglio di un tecnico voglioso di potersi misurare in una grande piazza e sull’ambizione di una società sempre pronta a rincorrere il suo progetto tecnico. Mazzarri è arrivato a Napoli in un momento di depressione e sconforto collettivo. Ha avuto il merito di trasmettere sani principi agonistici allo spogliatoio. Ha saputo gestire il gruppo nei a momenti più delicati. Ha riportato il club ai fasti di un tempo pur conquistando solo una Coppa Italia. Il Napoli, tranne il primo anno, ha giocato sempre in Europa. E nella stagione che si è appena conclusa è stata l’unica squadra ad insidiare la Juve.

Mazzarri, però, ha anche ricevuto tanto dal Napoli. Ampi poteri decisionali sugli acquisti, limitatamente al budget disponibile; piena libertà di completare il suo staff, assumendo altri due collaboratori, Concina e Vigiani; assoluta facoltà decisionale nelle scelte legate al vita del club. Ha trovato in De Laurentiis, un padre più che un padrone. Un presidente pronto ad aumentargli l’ingaggio, con un contratto in essere, pur di trattenerlo due anni fa. Un dirigente che ha saputo fare sempre buon viso a cattivo gioco, specie di fronte al mancato impiego di giovani promettenti, al mancato conseguimento della Champions due anni fa, o anche alla figuraccia rimediata in Europa League. Ma gli interessi dell’uno si sono sempre sposati con quelli dell’altro. I risultati, poi, hanno occultato anche due modi diametralmente opposti di concepire il calcio: pragmatico all’eccesso, quello di Mazzarri; prospettico, invece, quello del presidente.

L’IMPATTO – L’approccio fu scoppiettante. L’allenatore cominciò la sua awentura in panchina con un filotto di quindici risultati utili consecutivi. Dopo le prime sette giornate con Donadoni, il Napoli sembro rinato. Andò ad espugnare il campo della Fiorentina e quello della Juve. Vinse a Bergamo ed a Livorno. E centrò un sesto posto incassando nella gestione Mazzarri solo cinque sconfitte in trentuno gare. Fu la stagione del rilancio di Pazienza e della consacrazione di Campagnaro. Non ci fosse stato il calo nel finale, il Napoli avrebbe potuto centrare la Champions già al primo colpo.

IN EUROPA – L’anno successivo, grazie all’innesto di Cavani, il Napoli conquistò consensi anche in Europa grazie al superamento del girone di qualificazione ma soprattutto in campionato laddove gli azzurri arrivarono terzi vincendo ben nove gare in trasferta e totalizzando ben settanta punti. Memorabili le rimonte in pieno recupero, indimenticabile il 4 a 3 sulla Lazio o anche il 3 a 0 alla Juve.

LA CHAMPIONS – Alla terza stagione sulla panchina partenopea, Mazzarri che era stato accontentato con gli acquisti di Britos, Dzemaili e Pandev, preparò al meglio la Champions arrivando fino a misurarsi, battendolo all’andata, con il Chelsea, ma in campionato scontò oltremisura quello sforzo. Il Napoli non confermò l’ingresso in Champions, arrivando solo quinto dopo aver perso punti preziosi per strada. Ma la conquista della Coppa Italia, a spese della Juve, fino ad allora imbattuta, fece passare in secondo piano quello che rappresentò un freno al decollo del progetto.

STORIA D’OGGI – Ma il trend del pilota Mazzarri, sempre positivo ed in crescendo, doveva raggiungere il massimo nella stagione appena conclusasi. Il Napoli, dopo il flop in Europa League, ha tenuto testa alla Juve fino allo scontro diretto del San Paolo e poi ha consolidato uno splendido secondo posto a suon di record.

Fonte: Corriere dello Sport

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