L’ultima al San Paolo e dalla curva per ora è tutto…

Prima o poi doveva arrivare. Lo sapevamo, ma avevamo rigettato l’idea fino a quando non è arrivata.  Non avremmo mai voluto, ma nonostante i nostri sforzi e i nostri scongiuri, è arrivata lo stesso. L’ultima al San Paolo è arrivata.

Durante la settimana che ha preceduto l’ultima partita in casa, abbiamo assistito ad una prova di forza a Bologna,  un obiettivo centrato, una festa anticipata e la musichetta  Champions che ha aleggiato sui profili facebook di parecchi tifosi azzurri. Ma la settimana che ha preceduto l’ultima partita in casa è stata segnata  anche da domande affannose e disperate: “E mo’, la domenica  che facciamo?”. In effetti possiamo pensare a scampagnate, a gite al mare, a braciate con gli amici, a passeggiate in campagna, ma tanto già sappiamo che non riusciremo a fare tutto ciò se non parlando comunque di calciomercato, di cessioni, di acquisti, di prestiti, di ritiro a Dimaro e dell’ennesima amichevole contro la Rappresentativa Trentino. E allora non ci resta che prendere per l’ultima volta il nostro zaino, la nostra maglia del gruppo, la nostra sciarpa, vecchia e sporca, ma onnipresente. Non ci resta che metterci per l’ultima volta in auto, parcheggiare ai campetti di via Terracina, affrettarci ai cancelli e farci palpare lo zaino. E allora non ci resta che inserire per l’ultima volta quest’anno il nostro abbonamento nel tornello ed entrare in un San Paolo gremito.

Sugli spalti con noi parecchi bambini e questo non dispiace, anche se fa storcere il naso il fatto che quando c’è da far festa tutti si ricordano che esiste uno stadio da riempire e 11 ragazzi con la maglia azzurra da sostenere. Ma tant’è! Non possiamo far altro che accoglierli e preoccuparci per loro, soprattutto per i più piccoli, quando a inizio partita si accendono dei fumogeni azzurri che fanno respirare a fatica, ma che a noi piacciono tanto. Sugli spalti anche un amico emigrato a Santo Domingo che è emozionato come un bambino nel tornare finalmente a “casa”. Appena entriamo, capiamo subito che sarebbe stata lì la festa, con batterie di fuochi d’artificio lungo tutto il campo pronti a fare da sfondo all’ennesimo film grottesco dell’era De Laurentiis. In curva siamo tutti d’accordo che è un po’ esagerato tutto quel clamore, che probabilmente ha speso i 63 milioni di Cavani così, andati in fumo per una festa di tre minuti,  e temiamo che con tutto questo materiale pirotecnico  ci squalifichino il campo. Salvo poi vedere il materiale pirotecnico e capire che sotto casa mia, quando arriva il carico buono, i fuochi sono anche più belli. In tutti  i casi, in curva non siamo molto d’accordo con tutti questi ghirigori che danno solo la possibilità agli altri, magari, di prenderci anche in giro. Non siamo neanche molto d’accordo con quello che ha detto il Presidente prima delle scintille svolazzanti. Anzi, avremmo pure potuto essere d’accordo, se solo avessimo sentito qualcosa.

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La partita è cominciata con ancora negli occhi il balletto dello psicopatico Morgan che sulle note della sua “Non succederà più” viene impossessato dallo spirito di Armero e comincia a dimenarsi sulla pista da ballo del San Paolo. La coreografia è suggestiva, gli applausi arrivano spontanei sperando che lo facciano smettere, ma sortiscono l’effetto opposto e lui si gasa ancora di più. Conclusione, ancora non me lo levo dalla testa.

Una squadra quasi inedita in campo. SguardoIntelligenteRosati a porta, l’uomodalla”C”alla”A”Grava in difesa, El Kaddouri a centrocampo che ci incuriosisce parecchio e non ci delude, TicTacCalaiò in attacco accanto ad un CavaniSorvegliatoSpeciale. Tutti a guardare ogni suo minimo gesto, sguardo, parola, opere e omissioni per carpire il suo segreto: “Resta o se ne va?”. Se piange a fine partita, se ne va. Si è toccato la maglia e allora resta. Ha la femmina casertana e allora resta. Ma la casertana vuoi vedere che non vuole andare a fare le signora altrove? E allora se ne va. Discorsi assurdi, tutti con la palla di vetro. Per fortuna tra qualche settimana sapremo e diventiamo tutti di nuovo persone normali, abbandonando atteggiamenti ossessivi e ansiogeni.

Durante la partita da segnalare il gentile omaggio dello stadio tutto alla mamma di Mazzoleni nel giorno della festa celebrativa di tutte le mamme. Un gesto di cuore che sicuramente avrà apprezzato. Lui e la sua generosa mamma.

La partita, come sapete, la vinciamo in rimonta. Ancora il Matador e poi un Hamsik sempre più simbolo di questa squadra.

Ma di questa giornata ricorderò sicuramente le prove generali di quello che sarà il San Paolo alle partite di coppa. La musichetta inizia, bambini/ragazzi/adulti/vecchi tutti con gli occhi puntati sul campo, la musica incalza, il cuore ti batte sempre di più, attendi il tuo momento, quello in cui tutta Europa si aspetta da te la tua parte e tu la fai. Il grido “The champions!” sale dirompente, un boato di gioia e poi ti escono le lacrime. Ti senti una scema. Ma ti giri, ti guardi intorno e vedi tuo padre e tua madre nelle tue stesse condizioni, i tuoi amici, i vicini di fila, tutti commossi per quello che vivranno da settembre su quegli spalti. E allora capisci che possono pure andare via tutti, capisci che gli altri possono pure chiamarlo il nuovo oppio dei popoli, capisci che può anche essere una delle tue tante contraddizioni, capisci che questa città respira contraddizioni e “oppio” tutti i giorni e tu sei figlia di questa maledetta città. E capisci anche che, magari senza Matador e Mazzarri, tu comunque sarai lì, con le tue contraddizioni, col tuo oppio, con le tue lacrime condivise e con le tue emozioni accolte negli abbracci di chi ti accompagna in questa folle malattia. L’ultima al San Paolo di quest’anno purtroppo è arrivata e non puoi che pensare già alla prima del prossimo.

Dalla curva  per ora è tutto e sempre Forza Napoli!

 

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