L’editoriale di Ivan De Vita: “F(i)umi di parole…”

editoriale_ivan_de_vitaFumo tossico. Voci di mercato che si rincorrono e a volte si sorpassano, annebbiano la vista e confondono i pensieri. Un tripudio di frasi sibilline e segreti da svelare ha investito il Napoli, condito da una sana dose di gossip spicciolo. Le chiacchiere su Mazzarri e Cavani aprono la carovana circense, ma sfilano anche i possibili nuovi arrivi, l’eterna diatriba con il Comune per la questione San Paolo e addirittura, in lontananza, spunta lo stendardo di qualche clamoroso ritorno. Ma la stagione non è finita. “Fiumi di parole” cantavano gli sconosciuti Jalisse ad un Sanremo di fine anni ’90. Sottolineavano quanto le parole inanimate, eccessive, destabilizzano o perfino stroncano una storia d’amore. E vinsero.

Fumantini. Radiomercato non bada agli equilibri interni di una società, si diverte a mettere carne a cuocere e spedirla on air. E sintonizzandomi sulle sue frequenze, in questi giorni, mi ha incuriosito un aspetto. Benatia, Naingollan, Osvaldo, finanche Dzeko. Tutti i calciatori accostati attualmente alla maglia azzurra hanno un comune denominatore: la testa calda.

Immaginate un trio difensivo composto dall’attuale terzino dell’Udinese, Cannavaro e Britos. Sicari muniti di kalaschnikov. E il centrocampo per veri gentiluomini con il belga e Behrami? Linea mediana di rottura, ma non in senso figurato. Così schierati, la ciliegina sulla torta sarebbe il codino giallorosso che quest’anno ha fatto dannare la Capitale. Specialmente se, come dicono i soliti ben informati, dalla Francia un figliol prodigo non pensasse seriamente di rientrare all’ovile (allo stato attuale pura fantasia). Una gang in stile Quentin Tarantino. Programmati per uccidere. Tutti ad abbaiare, tutti sovvertitori della quiete pubblica. Ma sapranno anche mordere? E un altro quesito mi tormenta: non sarebbero troppi i galli nel pollaio?

Fumo e arrosto. Anzi, forse per una volta i protagonisti del famoso detto si invertono. Sì perchè, loro malgrado, Mazzarri e Cavani sono stati rosolati per bene sulla brace. L’acre profumo d’addio è devastante. Sul versante allenatore il tam tam di presunte richieste, desideri, progetti, ambizioni lascia sbigottiti. Si rovista nella sua vita personale e professionale, contatti intrapresi, accordi immobiliari, prenotazioni aeree e visite cardiologiche. Senza pudore. Il tutto indagando tra le righe del pentagramma. Il suo violino, per quanto ne sappia, non ha ancora emesso alcun suono.

Allo stesso modo si sta invadendo la sfera privata del Matador. Sarà tra i centravanti più gettonati nel prossimo mercato estivo, gli scenari sul suo futuro cambiano di ora in ora. Non è certo questo l’alibi per perseguitare i suoi spostamenti a caccia di uno scatto con la sua nuova fiamma. Tra l’altro proprio lui che è sempre vissuto all’ombra dei riflettori. Anche in questa stagione, la terza consecutiva, in cui ha messo a segno più di 30 reti. Lui lavora duro, le “capere” inciuciano. Arrosto, sì. Ma quanto fumo.

Fumo dalle orecchie. Dalle grandi orecchie. Una scalata faticosa, eccezionale. Solo sei punti per completarla. Si parte domenica, ultimi quattro giri di pista prima di ascoltare quella musichetta. Arriva l’Inter al San Paolo, frastornata e incerottata. Un’annata maledetta per i neroazzurri, già acciuffare l’Europa League sarebbe un miracolo. Belva tramortita, che si trascina moribonda sul ciglio della strada. Attenzione a non prestarle il fianco. Sarebbe un clamoroso harakiri affrontare i milanesi pensando di avere i tre punti in saccoccia. Squadre di rango ed esperienza sanno trarre linfa vitale proprio da impegni così affascinanti. Non abbassare la guardia, il cruciverba di acquisti e cessioni venga sbattuto fuori dalla porta degli spogliatoi. Sguardo fisso sul traguardo. Il comignolo è vicino. Fumata bianca.

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