Per la Primavera la stagione si chiude con amarezza. Ma i risultati contano relativamente…

napoli_roma_primavera_tim_cup_spazionapoli_30_01_2013_semifinale_ritorno (3)Partiamo da un presupposto importante e che non va assolutamente trascurato: nessuno si aspettava nulla da questi ragazzi, non c’erano particolari aspettative, ambizioni, nè pressioni. La consapevolezza, quella sì, di avere tra le mani un vivaio importante, dalle sicure prospettive e qualità che, in un modo o nell’altro, sarebbero venute fuori nel corso della stagione. E che alla fine sono venute alla luce come previsto.

E, partendo da questo dato di fatto, sorpresa, meraviglia, stupore sono stati sentimenti naturali guardando la prima parte di stagione di questi ragazzi, che fino a dicembre sono stati praticamente perfetti. Poche sbavature, se non nessuna; un calcio che a Napoli, a livello giovanile, non si vedeva da anni con interpreti di qualità e di sicuro avvenire nonostante la giovane età, guidati sapientemente da un mister che, a dispetto del suo curriculum, ha subito dato la sua impronta alla squadra.

Difatti, potremmo quasi dividere la stagione della Primavera azzurra in due spezzoni: il primo, quello che va da agosto fino alla pausa natalizia, in cui non sarebbe una bestemmia dire che il Napoli di Saurini è stata la Primavera più forte, completa e bella da vedere d’Italia. Il secondo, invece, quello da gennaio ad aprile, in cui c’è stato un vistoso calo, naturale e fisiologico, culminato nella finale di Tim Cup persa al San Paolo contro la Juventus e nella perdita del primato del girone C, costato agli azzurri i play-off, persi poi contro il Chievo sabato scorso.

Certo, portare nella bacheca della società un trofeo come la Primavera Tim Cup che mancava da più di quindici anni sarebbe stato un traguardo a dir poco fantastico, così come raggiungere le Final Eight scudetto che, a gennaio, sembravano una solida realtà e non solo un lontano miraggio. Ma come ha spesso ripetuto Saurini, a questi livelli i risultati contano relativamente. Conta molto di più istruire questi ragazzi, sia sul campo che fuori dal campo, facendogli tastare lentamente, ma allo stesso tempo con la cattiveria che serve, il palcoscenico del professionismo; un palcoscenico che sicuramente, tra qualche anno, vedrà protagonisti molti degli interpreti di questa stagione.

Inutile fare nomi, perchè chi più e chi meno, ha saputo mettersi in mostra e contribuire a questa fantastica annata che, aldilà del sapore amaro lasciato, ha mostrato al Napoli e all’Italia un vivaio che a Napoli mancava da tanto, anche grazie al sapiente lavoro di Beppe Santoro, Riccardo Bigon e Francesco Barresi, veri artefici, insieme al Presidente De Laurentiis, della rinascita della “scugnizzeria”, come tanto ama chiamarla il Patron.

Una scugnizzeria che l’anno prossimo sarà completamente rivoluzionata, visto che tutti i classe ’94 dovranno varcare le soglie del professionismo, non potendo più essere arruolabili per il campionato Primavera; ricambio generazionale, quindi, ed è anche giusto così. Giusto lasciare spazio a tanti nuovi azzurrini che sognano magari di ripetere le gesta dei loro predecessori, così come giusto è lasciare che i vari Insigne, Fornito, Nicolao si carichino borsa e responsabilità sulle spalle per provare, magari, un giorno, a tornare in quel di Napoli. Quello A però.

 

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