Bruscolotti: “Cannavaro è un onore per il Napoli”

bruscolotti3Beppe Bruscolotti. Ovvero: l’azzurro con più presenze in assoluto. 551 volte in campo tra campionati e coppe. L’uomo dei record, il campione con il quale hanno dovuto fare i conti tanti bomber, il capitano che spontaneamente consegnò la fascia a Maradona, il “palo di ferro” al quale il Napoli legò il suo primo, storico scudetto.

E allora, caro Bruscolotti, pensando anche a Cannavaro, è davvero tanto complicato essere napoletano a Napoli. Nel Napoli?
«Questa è una storia vecchia alla quale non ho mai creduto. Io, napoletano adottivo, non ho mai sentito questo peso. Anzi: ho avvertito sulla pelle l’orgoglio di essere un napoletano che giocava nella squadra della sua città».

Neppure una responsabilità in più rispetto a uno “straniero”?
«Questo sì. Perché se sei napoletano sai che devi dare l’esempio».

C’è un rovescio della medaglia?
«C’è. Si chiama gratificazione. Ma che cosa c’è di più bello ed esaltante?».

Ed essere non solo napoletano, ma anche capitano che vuol dire?
«Ecco, questa è di sicuro una responsabilità. Perché il capitano è, deve essere il riferimento della squadra, deve rispettare e farsi rispettare. Ma se hai personalità e coscienza a posto pure questa non è una gran fatica».

Però è vero che a Napoli ad un napoletano non si perdona niente.
«Può darsi. Ma se righi diritto, se ti impegni, se lavori sodo non avrai mai nulla da farti perdonare».

Diciamo la verità: Paolo Cannavaro non è stato sempre tanto amato dalla gente. A ragione oppure a torto?
«A torto. Se tiriamo una riga in fondo a quanto ha fatto sino ad oggi non possiamo che parlarne bene. Anche se?».

Anche se?
«Anche se a mio avviso può fare meglio».

Forse c’è bisogno di una spiegazione.
«Lui difende bene, ha un buon calcio, ha il profilo del difensore moderno, ma a volte mi piacerebbe che avesse più attenzione, che non perdesse il contatto con l’avversario».

Non pensa che possa essere la difesa a tre a rendere a volte le cose complicate?
«Questo è vero, la difesa a tre in certe occasioni non aiuta a far bella figura».

E quel cognome calcisticamente bello ma ingombrante?
«Se è stato un peso per il capitano azzurro? Beh, quando hai un fratello così… Ma se Paolo ha fatto carriera e s’è imposto in serie A è stato perché in campo ha portato i suoi valori e non quelli del fratello».

Fonte: Corriere dello Sport

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