L’editoriale di Alessia Bartiromo: “L’azzurro che unisce, fortifica e salda”

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Pasqua è ormai passata e siamo ahimè già tornati alla  routine di sempre fatta di lavoro, stanchezza atavica, forse anche noia e sprazzi di divertimento. E’ difficile però voltare pagina quando negli occhi, nel cuore e nella  mente le immagini di Torino-Napoli sono ancora così vivide. Una partita particolare, fatta di rimonte, colpi di scena, capovolgimenti, errori e valanghe di gol, che per me poi, ha avuto ancor di più una valenza particolare.

Su un lungo e comodo divano che poi si è trasformato in una vera e propria curva aggiunta infatti, eravano presenti tre generazioni di tifosi azzurri, mio nonno, mio padre ed io che viviamo da sempre la nostra fede verso il Napoli in maniera indissolubile ma al contempo diametralmente diversa. Mio nonno ha visto gli albori del club partenopeo essendone quasi coetaneo, ha visto con i suoi occhi veri miti e leggende legati ai nostri colori, trasferendo poi la sua passione a mio padre che, sin da piccolissimo lo accompagnava in un neonato stadio “San Paolo”. A loro spettano i racconti migliori, da Maradona a Careca, da Bruscolotti a Zola, ad un impianto di gioco in via di evoluzione tra scudetti, Coppa Italia, Coppa Uefa e chi più ne ha più ne metta. A volte in loro, c’è quasi troppa calma: non hanno fretta di rivivere cose sconosciute a noi più giovani, già le hanno godute e sanno che impatto hanno.

Poi ci sono io, l’unica nipote di tutta la famiglia con il sangue azzurro, con un passato da “bambina ultras prodigio” nonostante la maggior parte dei ricordi fino al 2004 purtroppo, siano fortemente amari e deludenti. Io, con la speranza sempre accesa, che crede fermamente nella propria squadra anche quando è palese che si trovi in difficoltà, che oggettivamente si lascia andare a critiche costruttive trovando un buon compromesso tra mente, cuore e lavoro. Tutti su quel divano, a commentare le sostituzioni di Mazzarri, le prodezze di Dzemaili e Cavani, la scaltrezza di un Torino fortunato e le emozioni di una gara come poche. Ben lo sa il nonno, che solitamente segue la partita a sprazzi, non reggendo l’ansia di novanta minuti imprevedibili e che invece, per l’occasione, si è goduto un flusso di immagini dalla bellezza inesauribile e dalle infinite emozioni.

Tutti ci accerchiavano: nonna, mamma, zii, cugini e cugine che pur sapendone poco di calcio e di azzurri, erano attratti da questo saldo legame e da quest’aura di splendida gioia che emanava la tv unita al divano, con tre persone così diverse accomunate da un unico destino. Io voglio che questa sia la regola, non l’eccezione. Il Napoli di questo fine campionato dovrà essere come quello di Torino, capace di ammettere i propri errori, rialzarsi e rimboccarsi le maniche quando la strada sarà in salita, non distrarsi e montarsi la testa quando ha in mano la situazione, riparando alle leggerezze commesse senza paura e timori reverenziali. E’ questa la squadra che mi ha fatto innamorare e prima di me mio padre e mio nonno a dimostrazione che possono passare gli anni o persino i decenni ma il Napoli continua ad unire, fortificare e saldare ogni rapporto che lo lega, regalando continuamente immense emozioni.

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