C’era una volta…Un bambino di nome Marek

181713_1854134195974_7195150_nRichard è un calciatore, mentre Renata è una famosa giocatrice di pallamano, sono una giovane coppia di 19enni, di origine slovacca, innamorati e sognatori, quando diventano i genitori di Marek: un bambino come tanti che, nel corso degli anni, dimostrerà di possedere un peculiare talento, una naturale e congenita predisposizione alla pratica del gioco del calcio.

Infatti, quando era ancora nel grembo di Renata, suo nonno già aveva provveduto a comprargli un paio di scarpette da calcio.

Un predestinato, nato con la strada da percorrere già ben spianata davanti a lui e Marek l’ha percorsa, con un pallone costantemente attaccato ai piedi.

Ha da poco spento le 4 candeline, quando papà Richard lo iscrive al Club Jupie Podlavice e, pur confrontandosi con calciatori molto più grandi, il piccolo Marek è già abile e capace nel farsi notare, grazie a quella eccelsa classe che, fin da subito, traspare dalla sue giocate, fino a lasciare tutti a bocca aperta, quando, nell’autunno del 1998, nella partita contro la diretta concorrente Dolna Strehova, segnò ben 16 reti in 90 minuti.

E’ in quegli anni, fin dalle prime battute, o meglio, fin dai primi calci al pallone, che a Marek viene appiccicata l’etichetta di “campione” e da allora, non gli è stata mai più scollata.

Marek è un ragazzino poco incline allo studio, odia i libri e trascorrere le giornate relegato dietro ad un banco, poiché stima essere quello trascorso a studiare, tempo sottratto al calcio: la sua passione.

Marek è uno scugnizzo cresciuto a Banska Bystrika che sogna ad occhi aperti guardando le partite del Barcellona e del Manchester United che elude la vigile sorveglianza di mamma Renata, per driblare i compiti e scappare per strada, con un pallone sotto la braccio, per giocare a calcio, fino alla stregua delle forze.

Proprio come fanno gli scugnizzi tra i vicoli di Napoli.

Marek vive per il calcio e il suo talento si affina ed emerge, partita dopo partita, in maniera sempre più prorompente, tant’è vero che all’età di 14 anni, è seguito dallo Sparta Praga, la società di calcio più importante della Slovacchia.

A 16 anni, Marek fa il suo esordio nel campionato della massima serie slovacca, ma, tuttavia, la strada da perseguire per arrivare ad ergersi a idolo incontrastato ed acclamato del calcio moderno, per Marek è stata tortuosa e ricca di ostacoli, nonostante le sue indiscusse doti.

Marek arriva allo Slovan Bratislava, ma, in quegli anni, la società imperversava in un periodo di difficoltà, ragion per cui non c’erano abbastanza soldi per acquistare il suo cartellino dallo Jupie Podlavice.

Così papà Richard, pur di non distruggere i sogni del suo bambino e per consentire al suo sublime e sopraffino potenziale di esplodere e conquistare tifosi ed estimatori del calcio, per riscattarlo, decide di vendere l’automobile e di chiedere del denaro in prestito.

Il giovane Marek, promettentissimo centrocampista dello Slovan Bratislava, è subito adocchiato dal manager del Brescia, Maurizio Michelli che acquistò il suo cartellino per la cifra di 60.000 euro e fu così che il giovane talento slovacco approda nel campionato italiano il 25 marzo del 2005.

Quell’atto d’amore intriso di sacrificio e di quell’affetto incondizionato di cui solo un padre è capace, è stato reso noto a Marek solo quando arriva in Italia, nel momento in cui papà Richard decide di raccontargli tutto.

Ciò che ha spianato la strada a Marek verso la sua consacrazione tra i top player più quotati d’Europa è il sacrificio di un uomo umile ed innamorato di suo figlio e del calcio e, senza dubbio, questo è quanto concorre a conferire quell’umile ed impeccabile condotta alla vita calcistica e non solo di Marek, ergendolo ad esempio da seguire e modello al quale ispirarsi.

Dal 28 giugno 2007, la storia di Marek è diventata di pubblico dominio per tutti i figli di Napoli: Parthenope lo adotta, lo culla, lo coccola, tra le sue amorevoli e materne braccia.

Marek si integra benissimo all’ombra del Vesuvio e, ancor di più tra le mura del San Paolo, fino a diventare, anno dopo anno, una moderna bandiera del Napoli attuale.

Marek rappresenta Napoli, la difende, le rende omaggio, quando con veemenza dopo un gol scuote forte la maglia azzurra, la bacia, lascia esplodere tutta la sua grinta, emblema del suo spirito d’appartenenza, nonché della sua voglia di conferire, gioia, sorrisi e vittorie a questo popolo… E chi ha ripagato il suo amore con la violenza no, seppur napoletano di fatto, non lo è di certo nell’animo.

Marek, di sicuro, è molto più napoletano dei suoi aggressori e Parthenope ripudia i figli che implodono violenza contro altri suoi figli.

Luciana Esposito

Riproduzione Riservata

Home » Notizie Napoli Calcio » Ultim'ora sul Calcio Napoli, le news » C'era una volta...Un bambino di nome Marek

Impostazioni privacy