“C’era una volta”: la fiaba della notte

196785_10200364257173349_1224351035_nSiamo ritornati a casa. Un’altra giornata trascorsa tra la follia delle incombenze inutili, tra il lavoro che piace e non piace, tra le urla degli isterici che non sanno cosa sia l’educazione.

Stanchi, forse un po’ delusi, con il pensiero che va al mattino di domani, ai suoi impegni, in un eterno cerchio che ha il profilo del già fatto. Ma per il tifoso la sera è anche qualcos’altro. E’ il momento in cui deposte le armi della vita reale può consegnarsi all’abbraccio del sogno e della fantasticheria.

Il sogno ha la sagoma ovale di un ellisse con gradinate, è impastato di colore azzurro, misura il tempo sulle domeniche. Siamo a tavola, e gli altri parlano, ma per noi il tempo e gli avvenimenti che lo stanco telegiornale trasmette sono bolle che ci passano accanto senza toccarci, inconsistenze di chi ha il cuore e la testa in un altro mondo.

E questo mondo alternativo è popolato di maghi con magliette numerate, è fatto di profezie e di attese, annota streghe con maglie scudate. Sogniamo la Juve presa per la coda, l’Aquila che affonda nel mare di via Partenope, la Biscia che perde la strada e s’inabissa nel pan di zucchero. Sogniamo un Maggio fiorito fatto di oceani azzurri, di maree umane osannanti undici divinità. Sogniamo,e gli altri pensano che siamo così stanchi da non aver voglia di parlare. Ma non sanno, non possono sapere la fiaba che ogni notte ci raccontiamo in gran segreto.

Carlo Lettera
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