Gianello: “Non ho mai messo in atto nessun illecito, non ho mai creduto di poter combinare una partita”

NEWS_83147Una sentenza annullata che sa di ritorno alla vita, perché il capo chino in terra non consentiva di guardare avanti, poiché la gente additava le colpe senza conoscerne il “dietro le quinte” di una storia ricca di colpi di scena e povera di contenuti, lontana da un panorama sportivo martoriato dalla maledizione delle scommesse, dapprima legali, ora con la moda delle combine atte ad arricchire coloro i quali non s’accontentano di navigare nel benessere, oltre che i soliti truffaldini, abituati al malaffare quotidiano, amanti dell’illecito e sfruttatori delle passioni altrui. Ma ci sono storie, come quelle di Gianello, che danno speranza a chi si sente ingiustamente accusato, una situazione emblematica per chi si è ritrovato vittima, a quanto pare, di amicizie sbagliate, volte a sfruttare l’immagine dei calciatori come icone della fiducia delle proprie giocate, infangando persone che si sono improvvisamente trovate nel vortice delle accuse. Matteo, sulle pagine odierne del quotidiano “Il Mattino” a rinvigorito il significato della sua innocenza, cercando di spiegare al di fuori della sentenza e al di là dell’arringa dell’Avvocato Chiacchio cosa significa sentirsi onesto.

Ecco le parole dell’ex portiere azzurro: Come si sente?

«Per me è la fine di un incubo. C’è chi dice di non aver dormito per un mese, io sono 15 mesi che la notte mi sveglio da innocente travolto da una cosa più grande di me. Da cui oggi esco pulito».

Non proprio: era un tesserato e non poteva parlare di scommesse?
«È per questo pago giustamente e non faccio neppure ricorso al Tnas: giusto che io venga punito per la mia faciloneria. Ma non ho mai messo in atto nessun illecito, non ho mai creduto di poter combinare una partita. Tanto meno una partita del mio Napoli».

Ora può andare in giro di nuovo a testa alta?
«L’ho sempre fatto, mi creda. Eppure c’è stato un momento, orribile, dopo la condanna a 3 anni e 3 mesi in cui mi sono sentito davvero messo in un angolo: c’era chi non aveva capito che io non avevo fatto proprio nulla, né confessato né inguaiato i miei ex compagni».

Cosa voleva fare?
«Per qualche ora ho pensato di non far ricorso. Mi dicevo: pensano che io sia delinquente, vogliono risarcimenti milionari? Bene, mi tengo la squalifica per tentato illecito, non la impugno e vediamo il Napoli come fa a tirarsi fuori».

Poi che cosa è successo?

«Gli innocenti, quelli come me, sono brave persone. Ho pensato al presidente De Laurentiis, una persona eccezionale e ai tantissimi tifosi del Napoli che ho conosciuto in sette anni. Ho chiamato l’avvocato Chiacchio, il grande artefice di questa sentenza ribaltata, e abbiamo fatto ricorso».
Come vive adesso?
«Aiuto alcuni amici ad allenare i bambini delle scuole calcio».

Si immagina già i commenti?
«Sì, proprio Gianello che fa l’educatore? Invece posso insegnare ai ragazzini tante cose. Anche a non fidarsi dei finti amici, di quelli che ti sono vicini solo perché sei un campione del calcio».

A chi dedica la sentenza?

«A quel tifoso del Napoli che mi urlò per strada: ”Matteo, ma che hai combinato?”. Io replicai: guarda che i cavalli si giudicano al traguardo».

Il suo desiderio, ora?
«Tornare a Napoli. Ma non lo farò molto presto».

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