Napoli al Palio di Siena per cavalcare il puledro vincente

italy-sienna-palio-di-sienaAlla ricerca del cavallo di razza, il purosangue in grado di proiettare gli azzurri alla fine del tunnel. In terra senese, quella del palio, il Napoli, tutt’altro che a cavallo, si gioco faccia e credibilità per un futuro ancora da protagonista, in un campionato che, fino a stamane, sembra aver definito la Juve come regina indiscussa e irraggiungibile, distaccata di 13 punti, un abisso, un gap irrimediabile per i più ottimisti. “Eppur si muove”, diceva Galilei, ma lo potremmo dire anche noi, instancabili romantici, innamorati di storie di recuperi e di rincorse a buon fine, da scriverci libri, da ribaltare gli esiti scontati, ma resta pur sempre un sogno, se si guardano i fatti. Ed i fatti parlano chiaro, il Napoli è in piena “sindrome dei tre punti” che colpisce squadre che hanno un vistoso calo immunitario sotto l’aspetto della fiducia nei propri mezzi, spinti anche da una piazza che deprime fino al midollo, pronta subito ad esaltarsi qualora si incanalassero nuovamente una serie di vittorie. Senza dubbio snervante come atteggiamento, lo si vede facilmente guardando il buon mister Mazzarri, scolpito in viso di una stanchezza ed uno stress da tensione agonistica che sembra averlo sfiancato. Anche lui ha bisogno di sentirsi nuovamente al top, ha la necessità di ricarburare solo attraverso una prova rasserenante e prospettica per l’anno che verrà, in cui il mago Walter sarà chiamato all’appello delle grandi squadre, e siate pur certi che il “toscanaccio” vorrà arrivarci da protagonista. La buona vena di questa squadra dovrà necessariamente passare per i piedi dei “soliti noti“, quegli uomini che sanno già di che cosa ha bisogno questa squadra, ed hanno inscritto nel proprio DNA i caratteri dei trascinatori, dei condottieri che mai ammainano la bandiera.

Su tutti il matador Cavani, e chi altrimenti, il “gota dell’attacco“, il prototipo del Cyber-bomber, in grado di lanciarsi in prestazioni al di là della normale comprensione umana, sarà lui il simbolo della rinascita psicofisica, a lui si chiederà di caricarsi sulle spalle gli umori e i musi lunghi di un gruppo che ha la necessità di ritrovare il sorriso attraverso la gioia dei propri tifosi, quindi attraverso una vittoria che chiuda il 2012 con una speranza. Il partner dell’uruguaiano si chiama Hamsik, il signore del centrocampo partenopeo, classe e concretezza, “oro colato” direbbe qualcuno, “spada di Damocle” diciamo noi, poiché spesso dalla buona o cattiva vena dello slovacco passano le sorti di una squadra, i risultati e le prestazioni. Bella responsabilità, non c’è dubbio, ma Marek ci ha abituato a prove calcisticamente impeccabili, fatte di cambi di passo, inserimenti e lavoro oscuro, tutto proiettato verso i propri compagni di squadra, apprezzabile gesto di maturità tecnico-tattica.

Definiti gli uomini della rivincita azzurra, restano da colmare le incertezze, quelle oramai storiche. La prima ha il nome di Insigne; ha bisogno di sentirsi importante, deve essere parte integrante della manovra e non elemento a sorpresa. Non deve nascondersi e deve assolutamente provare le giocate che gli appartengono, a costo di sbagliarne troppe. La fiducia in se stessi passa per una buona dose di errori, è scritto nella storia dei migliori. E’ il turno di Maggio; scrollarsi di dosso l’etichetta di eterno incompiuto resta l’obiettivo primario, e ne ha tutte le caratteristiche, ha solo bisogno di sgombrare la mente dai limiti strutturali che sembrano attanagliarlo.

Tutto in un giorno, di fronte una squadra in crisi di risultati e di identità, quasi peggio degli azzurri, con l’avvento di Iachini chiamato a fare il miracolo, con un organico oggettivamente scarno ed incompleto per il nostro campionato, appesantito in maniera quasi determinante dai -6 punti che affosserebbero qualsiasi squadra ai limiti della mediocrità. Ma, si sa, quando ci si trova con l’acqua alla gola, si è capace di tirare fuori il meglio di se, resta da vedere quale delle due “disperazioni” sarà più efficace, quella dei senesi, a piedi nudi sull’orlo del baratro della retrocessione, oppure quella partenopea, in attesa di ritrovare la strada della fiducia in se stessi, con la voglia di riprendersi una fetta di tifosi delusi e mugugnanti, ma soprattutto con un sogno da riporre sotto l’albero, quello di non voler ancora abbandonare al proprio destino una squadra bianconera, quella di Torino, proiettata ad ammazzare un campionato che non deve morire. A Gennaio, poi, qualche regalo vero potrà pur sempre arrivare…

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