Processo: entro venerdì la sentenza di primo grado

Il compito del processo sul filone napoletano di calcioscommesse, partito ieri mattina a Roma e (probabilmente) tra giovedì e venerdì già a sentenza di primo grado, è tra i più complessi. La Disciplinare di Sergio Artico ha ascoltato le richieste del procuratore federale Stefano Palazzi e ora deciderà se accoglierle oppure no. Eccole: un punto di penalizzazione e 100 mila euro di ammenda per il Napoli, 9 mesi di squalifica per Grava e Cannavaro. E per Gianello 3 anni e 3 mesi.
Quando poco dopo le 16,30 Palazzi formalizza le sue richieste, nella saletta riservata alla stampa del Parco dei Principi, dove al piano terra si celebra il processo al club azzurro si alza un boato di sorpresa. Perché la giornata è stata davvero un susseguirsi di colpi di scena. Tutti da raccontare. A partire dalle battute iniziali, quando Eduardo Chiacchio, il legale che difende Matteo Gianello ha tentato l’uscita di emergenza del patteggiamento per l’ex portiere azzurro, accusato di illecito sportivo per la tentata combine di Sampdoria-Napoli: Palazzi ha detto di sì a una condanna a 16 mesi. Ma la Disciplinare ha respinto l’accordo, ritenendolo poco congruo. E motivandolo con una frase tutta ancora da decifrare: «Nessuna collaborazione fattiva» c’è stata da parte dell’atleta veronese nel corso dei procedimenti.
Il primo passo dà il via a una serie di conseguenze inattese, in una sorta di effetto domino. Perché per il Napoli si apre improvviso uno squarcio. Su cui Grassani, l’avvocato del club, si lancia speranzoso: «La deposizione fatta da Gianello in procura è il manuale del soggetto inattendibile. Nessuno può credere ai suoi racconti. Come la decisione della Disciplinare testimonia».
Verità contrapposte: per Palazzi, invece Gianello è credibile soprattutto per il fatto che con le sue parole ha scagionato Quagliarella: «Perché lo avrebbe fatto per lui e non con Grava e Cannavaro?», è il quesito del procuratore. Una versione che, per Palazzi, sarebbe quindi genuina e spontanea. Ruggiero Malagnini e Luisa Delle Donne, avvocati di Cannavaro e Grava, ribadiscono in aula l’esatto contrario, e cioè che le ammissioni di Gianello sono incongruenti: «In questo processo manca Quagliarella. O il poliziotto dice bugie o le bugie le dice Gianello».
L’arringa di Palazzi spalanca le porte a una nuova rivisitazione della responsabilità oggettiva: «Gianello è comunque un giocatore che non ha giocato mai quell’anno». Tradotto, uno che poco o nulla può per influenzare un risultato. Da qui la decisione più sorprendente: Palazzi s’accontenta del -1 al Napoli, dimenticando – e fa bene – alcuni diversi precedenti. Poi arrivano le stangate a Cannavaro e Grava.
La giornata ruota intorno alla figura di Gianello, sulla sua vita, sulle sue abitudini e sulle vicissitudini della settimana prima di Samp-Napoli. Chiavelli apre la difesa del Napoli: «Siamo parte lesa e questa circostanza è palese, perché la società non ha strumenti adeguati per poter incidere in queste vicende. Il danno che rischiamo di subire è di grande rilevanza». L’assist migliore, il colpo d’autore, arriva proprio alla fine quando Eduardo Chiacchio cambia strategia e non propone un nuovo patteggiamento per Gianello, dando in tal mondo forza alla tesi difensiva del Napoli: per Gianello, infatti, chiede la derubricazione del reato da illecito alla slealtà sportiva (art. 1). Se passasse la sua linea, che è legata a doppio filo alle sorti del Napoli, il club azzurro se la caverebbe con due salatissime ammende. Che è poi, quello a cui fin dalle prime ore del mattino, lavora la società azzurra.

Fonte: Il Mattino

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