Fratelli allo specchio

Alcune partite vivono di attimi, momenti di gioia indescrivibile, azioni fuori dagli schemi: il Napoli è abituato a trasmettere ai propri tifosi emozioni forti, in questa piazza vige la regola dell’inaspettato; una contraddizione in termini che esalta le qualità della compagine azzurra.

Mi viene in mente la partita con il Cagliari (Serie A 2010-2011; 10 novembre 2010) quando il magico duo Cavani – Lavezzi, nell’inedita formula di assistman e goleador, a parti invertite, colleziona la più bella e pazza tra le ripartenze che, poi, si concluse in rete; ricordo l’urlo forsennato di Alvino nella cronaca dedicata al tifo azzurro su Sky: “Core Pazzo Lavezzi”.

E già!  core pazzo..

Perché il Napoli ci tiene incollati allo schermo sino alla fine, l’invenzione è dietro l’angolo;  basti pensare al match di Champions con il Machester City (Champions League 2011-2012, 14/ 09/2011), fuori casa: il gol di Cavani al 24’ della ripresa che fa impazzire i tifosi. In quel momento il cuore pazzo batteva all’unisono in tutti i nostri petti, sembrava potesse scoppiare, urlava la sua gioia, la voglia di tornare ad essere re e regine del calcio internazionale.

Stesso discorso per il match, fuori casa, con il Bayern (Champions League 2011-2012; 02/11/2011); un assolo della corazzata bavarese; poi i gol di testa di Fernandez apparso, in quell’occasione, come il vero ariete fonte delle nostre speranze: in quei salti perentori c’è tutto lo sbalzo d’umore dei tifosi; quei salti li ha fatti lui per noi. Chi, in fede, può dire di non aver  accompagnato quei palloni in rete balzando davanti allo schermo?

Ci sono match che, nella storia di un club, vivono di vita propria; non c’è bisogno di andare a scavare nel magma delle azioni per riconoscere quella che ti fa tremare..

Altre partite, al contrario, sembrano iniziare bene, danno l’impressione di poter diventare uno spettacolo, una goleada e invece…

Mi sto riferendo al match di Europa League, in casa, con il PSV; un ulteriore esempio che mette in risalto come  il Napoli, effettivamente, non abbia nelle sue corde il turnover. Eppure, anche in questo match, c’è stato un attimo (se abbiamo la pazienza di cercare bene e ci impegniamo con pala e piccone a scrostare gli aspetti negativi, lo troviamo) che è valso il prezzo del biglietto. Minuto 21 della ripresa: il giovane Roberto Insigne fa capolino dalla panchina; è l’inizio della sua storia felice, è la possibilità per la società azzurra di esibire i gioielli napoletani.

 Il Napoli deve molto alla famiglia Insigne; grazie a questo nucleo familiare la società, una volta di più, si stringe intorno ai propri tifosi.

Gli Insigne ci danno l’opportunità di riportare alla luce una lezione che sembrava dimenticata: se sei bravo, umile, t’impegni e non ti fai abbattere la vita può aprire porte che, sin da piccolo, nel campetto sotto casa, speravi si spalancassero solo per te.. Solo per vedere l’effetto che fa..   Stare lì, all’interno del San Paolo, indossando una maglia che senti cucita addosso.

Le trame di quella casacca si legano con ogni parte del tuo organismo;  non è solo una maglia: è molto più di una seconda pelle.

Mai come in  questo caso si può parlare di fratelli allo specchio: Lorenzo con il numero 24, Roberto con il numero 42; Lorenzo un destro, Roberto un mancino; Lorenzo una seconda punta di fantasia, Roberto una seconda punta di qualità, sostanza e capacità di stare al servizio della squadra.

Roberto ha cercato, da subito, di mettersi in mostra ma la strana partita del San Paolo ha, alla fine, contagiato anche lui: da parte sua si registra uno stop pregevole in area con finta mancina incorporata ma un tiro sparato alto.

Napoli-PSV si è rivelata una di quelle classiche partite in cui la palla non ne vuole sapere di entrare; gli ultimi minuti del secondo tempo abbiamo assistito ad un assedio: continui tentativi imprecisi o azioni che sbattevano, inesorabilmente, contro la difesa avversaria.

Per rendere l’idea possiamo azzardare una caricatura dello scontro: per come si erano messe le cose sarebbe stato lecito aspettarsi che, da un lato del campo, facesse capolino Willy il Coyote e, con i suoi strumenti ACME, tentasse, direttamente, di far sparire la porta avversaria; tanto, ormai, era diventata un miraggio.

Rimane la consapevolezza che il futuro è nostro.. Grazie agli Insigne.

Gianmarco Cerotto

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