Il bruco e la farfalla

Una nenia durata un’estate intera. All’improvviso, in Italia, tutti si preoccupano di far giocare i giovani. I bilanci languono e “il ratto dei talenti” ha ferito l’orgoglio e la competitività dei nostri club. Dopo anni di sperperi e politiche prive di senno si è entrato nell’ottica di idee che occorre volgere lo sguardo oltre l’orizzonte e non rattoppare il proprio abito anno dopo anno. Tra i paladini di questa filosofia c’è il presidente De Laurentiis, che da sempre sollecita Mazzarri ad impiegare la linea verde con maggiore convinzione. Con l’ultima sessione di mercato quest’invito si è tramutato in un autentico imperativo.

Ma il tecnico toscano non ama farsi dare del bigotto e ha sempre respinto l’accusa di voler prediligere i lupi anziani. Il suo è un discorso legato all’affidabilità di un calciatore, al suo stato psico-fisico. Saper affrontare a testa alta un campionato rognoso come la serie A e il brivido caldo generato da una piazza come Napoli. Ecco perchè si possono differenziare i giovani “bruco”, insicuri e poco reattivi, da quelli “farfalla”, capaci già di spiccare il volo e affrontare il mondo guardandolo dall’alto. Il caso più eclatante è quello di Lorenzo Insigne, napoletano con addosso gli occhi del Vesuvio da quando è tornato a vestire la casacca azzurra. Mazzarri ha tirato le briglie agli entusiasmi e ha voluto testarlo prima di incoronarlo. L’umiltà, l’impegno e l’audacia del Magnifico a Dimaro hanno indotto il mister a puntare sul suo estro fin da subito, piazzandolo alle spalle (se non al fianco) dei tre tenori d’attacco. Senza mai mollare la presa sulla sua maturazione, bacchettandolo e coccolandolo a seconda delle esigenze.

L’altro butterfly della rosa, con le dovute proporzioni, è senz’altro Federico Fernandez. Perno della nazionale argentina, l’anno scorso ha faticato a ritagliarsi un ruolo nelle fila del Napoli. L’allenatore azzurro ha sempre intravisto qualità da far emergere nel ragazzo, magari schierandolo come centrale difensivo e non come terzo di destra. Infatti il suo pre-campionato è stato promettente, così come il suo impiego contro l’Aik Solna. Debacle clamorosa nella funesta serata di Eindhoven. Spaesato e insicuro, è sembrato un pesce fuor d’acqua. L’attenuante sta nella prestazione complessiva della squadra che ha esposto la difesa ad una pessima figura, sguarnita davanti ad un plotone d’esecuzione. Tante critiche ingenerose sono piovute sul Flaco. Mazzarri, schivando tutti i mugugni, lo ha riproposto contro l’Udinese in sostituzione dello squalificato Cannavaro. Grossa prova di coraggio in una gara fondamentale e ad appena tre giorni dalla disfatta olandese. Segno tangibile della fiducia acquisita dal tecnico. E il giovane sudamericano ha saputo subito riscattarsi, con l’unica macchia (fortunatamente indolore) del rilancio errato dal quale scaturisce il pari friulano.

E’ tutto legato all’insindacabile opinione che l’allenatore di San Vincenzo si costruisce riguardo ogni suo giocatore. Da qui ne deriva il rovescio della medaglia, i giovani che abbiamo denominato “bruchi”. In questa categoria rientra l’ex bresciano Omar El Kaddouri. Palesemente spaesato nei match ad alto livello, Mazzarri ha voluto mostrare tutte le sue difficoltà schierandolo nelle due gare di Europa League. Il messaggio lanciato è chiaro: le nuove leve entreranno nelle sue grazie solo quando saranno pronte e il trequartista non lo è ancora.

Qui ci permettiamo di fare un’obiezione. Il rischio che un presunto fuoriclasse in erba possa essere bruciato è sempre troppo alto. El Kaddouri dovrà migliorare molto, sul piano fisico, caratteriale e tattico (non ha mai giocato in un centrocampo a cinque come interno). Dovrà mangiarne polvere prima di essere considerato il vice-Hamsik. Ma siamo sicuri che, consapevoli dei suoi imbarazzi, non sia stato un azzardo presentarlo in campo contro il Psv? Vestito da Babbo Natale e spedito in un’arena non poteva che uscirne con le ossa rotte. Un massacro premeditato, soprattutto dopo le lacune esibite già contro l’Aik. Come potrà mai sbocciare? Come il brutto anatroccolo ha bisogno del bacio della principessa, il 22enne di origini marocchine deve maturare giocando in prima squadra. Esente da ogni colpa se è costretto a scendere in campo con un’accozzaglia di fantasmi.

Vargas basta e avanza come oggetto misterioso. Anche la sua gestione, dal suo arrivo a Napoli, ha destato tante perplessità. Anche lui, però, continua a steccare. La tripletta in salsa svedese ha prodotto troppa enfasi. Le sue magagne restano. Ma alcune sue caratteristiche andrebbero coltivate, certo non nello spazio angusto riservatogli dalla società partenopea. Un “bruco” un po’ pigro il cileno. Occorre una scossa. Chissà se basterà quella bevanda lì. Quella che mette le ali.

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