Il Mazzarri pensieroso e la sua nuova creatura

Una panchina aggredita da interrogativi, riflessioni, aspettative. Era quella del “Renzo Barbera” dove domenica sera Walter Mazzarri è rimasto appollaiato per gran parte dei suoi primi 90 minuti di questo campionato. Ad ogni inquadratura il suo sguardo vitreo, la sua espressione imbalsamata hanno concesso strada al sospetto che a Palermo era arrivato il “pezzotto” del tecnico azzurro, l’originale era ancora squalificato. La veemenza delle sue indicazioni, quel suo tarantolato gesticolare parevano non appartenergli più. Il match, soprattutto nella prima frazione, si è dimostrato spigoloso e quell’atteggiamento materializzava un anomalo distacco. Avvilito da un mercato in entrata che non ha pienamente gradito? Responsabilizzato dalla gestione di un gruppo sempre più ambizioso ma privato di alcuni suoi elementi cardine? O semplicemente fuori forma come si vociferava a fine gara?

ANSIA DA PRESTAZIONE. Il Napoli, ormai, è atteso da tutti come una delle big del torneo. Data la sua costante crescita, dopo la vittoria della Coppa Italia dell’anno scorso, è chiamato a scalare vette sempre più impervie. Si è alzata l’asticella. E per Mazzarri si è trattato di un nuovo debutto. La prima volta senza Lavezzi e Gargano, croce e delizia della sua esperienza in azzurro, ma spesso punti di riferimento a cui ancorarsi nei momenti di difficoltà. La prima volta del suo 3-5-1-1, con alcuni chiari dogmi: maggiore protezione della difesa, densità in mezzo al campo e fitte trame di gioco per ovviare all’assenza di un fantasista. La prima volta di calciatori su cui ha puntato con fermezza (Britos) e di altri per i quali si è addossato una grossa sfida in termini di gestione (Insigne). Attendeva risposte confortanti e come ogni “prima” che si rispetti le gambe tremolanti sono frutto e consapevolezza del lavoro certosino svolto. Bene, il prototipo del Napoli 2012/2013 offre soddisfacenti garanzie. I soliti vecchi peccatucci hanno accompagnato l’esordio, a partire da quei maledetti calci piazzati su cui c’è ancora molto da lavorare. Ma tutto sommato, sull’uscio del campionato, si sono apprezzati rinfrescanti spifferi della nuova creatura partenopea.

NUOVI ACCORGIMENTI. Confidando nella maturazione di Insigne e nell’estro evergreen di Pandev, la mancanza di imprevedibilità alla manovra con la partenza del Pocho era un’ipotesi scontata. Incuriosiva capire le soluzioni alternative. Con un Inler ancora ad intermittenza (buona però la sua prima mezzora), l’escamotage è scavalcare il centrocampo premiando le sortite degli uomini di fascia. In Sicilia si è rivisto il miglior Maggio e la variante descritta, con il ritorno di Zuniga e Dossena sulla corsia opposta, fornisce respiro alla manovra e consente rapide verticalizzazioni. Se le fasce risultano transennate, però, il pericolo è l’affollamento di calciatori nella zona nevralgica e un possesso palla stucchevole e senza sbocchi, come capitato nella parte centrale della prima frazione contro i rosanero. In tal caso, e questo sarà il leit motiv della stagione, bisogna sfruttare lo spazio tra le linee, sorprendendo gli avversari alle spalle dei centrocampisti e piazzando i nostri trequartisti vis à vis con il reparto difensivo. Specialista della disciplina è chiaramente Marek Hamsik, cresta tagliente come ampiamente dimostrato domenica. Mazzarri lo ha riaccomodato nella sua posizione ideale, letale sia negli inserimenti che nel dettare l’ultimo passaggio. Ma nel nuovo assetto della squadra questo ruolo da spartiacque possono svolgerlo anche Insigne, Pandev e il neo-acquisto El Kaddouri, arricchendolo ognuno delle proprie caratteristiche.

ORDINE. Altro aspetto emerso è una rinvigorita disciplina tattica. Come detto Lavezzi era preziosissimo per squarciare le difese più arcigne, ma era anche uno degli uomini che creava maggiore confusione. Il suo moto perpetuo, concessogli da ogni allenatore giunto all”ombra del Vesuvio, disorientava le retroguardie ma mandava in tilt anche i suoi stessi compagni che se lo ritrovavano ovunque volgessero lo sguardo. Insigne non ha inciso particolarmente sulla gara ma ha assecondato le direttive dell’allenatore con diligenza senza pestare i piedi ai colleghi di reparto. Cavani innanzitutto, il cui svariare per il campo ha il solo cruccio di lasciare talvolta sguarnita di cecchini l’area di rigore “nemica”. Stesso discorso può valere per Gargano, l’uomo che nell’arte di rincorrere dirimpettai e sradicare palloni forse ha pochi rivali. Ma quante volte quelle straordinarie rimonte erano provocate dai suoi stessi errori commessi in fase di palleggio? Behrami, accolto immediatamente nelle grazie del mister proprio per la sua abnegazione, compie un lavoro oscuro e meno arruffone, ordinato e con poche sbavature. E’ capace sicuramente di una maggiore propulsione offensiva come accaduto in Supercoppa, ma a Palermo non ha affatto demeritato.

Note liete anche dal pacchetto arretrato, eccezion fatta per le palle inattive. Britos sta acquisendo padronanza, nel complesso i meccanismi sono ben rodati. Preoccupano solo le disattenzioni dei singoli sulle quali, purtroppo, può gravare l’intero andamento del match. Ad onor del vero, la squadra di Sannino, ostica e combattiva, è parsa un osso da sgranocchiare con disinvoltura. La Fiorentina, rimodellata da Pradè e Montella ,sarà già un banco di prova più pregnante. Ma segnali di una nuova alba sono piuttosto evidenti. E a risplendere nel chiarore è ancora la luce di Mazzarri. Artefice di tanti successi, osteggiato da molti malgrado i numeri siano dalla sua parte. Quest’anno il suo zampino sarà decisivo, nel bene e nel male. In bocca al lupo, Walter!

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