Caro presidente, cosa farà il Napoli da grande?

Esattamente otto anni e venti giorni fa il Napoli fallì. Il football fece fagotto e traslocò dalla città che aveva fatto da palcoscenico al più grande di tutti, Diego Armando Maradona: una bestemmia, una tortura, una bestialità. L’uomo e l’imprenditore che raccolse i cocci e diede nuove speranze a sei milioni di tifosi fu Aurelio De Laurentiis. Personaggio particolare, il nuovo patron azzurro: sanguigno, egocentrico, mai banale, mai allineato al pensiero generale e spesso protagonista di duri scontri con il Palazzo calcistico italiano. Genio, denaro (non troppo, ma neanche poco) e sregolatezza. In neanche un decennio Don Aurelio ha compiuto un vero miracolo calcistico, riportando la compagine partenopea dai bassifondi della terza serie nazionale al vertice della Serie A. Ma il “DeLa” nel bene e nel male, l’abbiamo già detto, non è come tutti gli altri ed ha due fissazioni, due regole che non smette mai di ricordare a se stesso. La prima è quella relativa ai diritti d’immagine degli atleti (afferma che nell’ambiente cinematografico gli attori li concedono alle case di produzione e non capisce perché nel calcio la cosa dovrebbe funzionare diversamente…). Il secondo chiodo fisso del presidente, condiviso questa volta da molti altri suoi colleghi, è il Fair Play finanziario: norma saggia ed adeguata ai nostri tempi che, però, se applicata troppo rigidamente può provocare fastidiosi effetti collaterali.

GARGANO COME QUAGLIARELLA?-  Cosa c’entra Walter Gargano con il nostro discorso? E’ presto detto: il malumore del mediano uruguaiano, che sembra ad un passo dalla sponda nerazzurra di Milano, è un paradigma preoccupante per gli azzurri. Come viene considerata la sua squadra dai suoi calciatori, presidente De Laurentiis? Un top club come Juve, Milan e Inter o una società di seconda fascia? Il fatto è che El Mota si trova (o dobbiamo dire già “si trovava”?) d’incanto a Napoli, non l’ha mai nascosto, ma l’arrivo di Behrami potrebbe relegarlo in panchina e la cosa proprio non gli va giù. Una situazione molto simile a quella che si venne a creare due estati or sono, quando l’arrivo di Cavani fece crollare definitivamente i fragili nervi di Fabio Quagliarella. “Se proprio devo scaldare la panchina c’è più soddisfazione farlo a Torino”, deve aver pensato l’attaccante stabiese e sembra che la storia si stia ripetendo ora con tre protagonisti diversi: Gargano, il Napoli e l’Inter. Sarebbe bello chiedere al sudamericano il motivo per il quale, invece di lottare tutti i giorni per una maglia da titolare (tanto uno con i suoi attributi qualora saltasse un match, di sicuro disputerebbe quello successivo), preferisca gettare subito la spugna e trasferirsi altrove…esattamente come fece qualche tempo fa l’attuale numero 27 della Juventus.

CON CAVANI COME LA METTIAMO?-  Saltando dalla padella alla brace, proviamo ad analizzare l’attuale situazione contrattuale di Edinson Cavani. Gli agenti del Matador proporranno a De Laurentiis l’adeguamento contrattuale a circa 5 milioni d’euro del loro assistito e secondo i soliti “ben informati” il patron partenopeo risponderà loro con una sonora risata. Speriamo si sbaglino, come gli accade spesso. Ma a questo punto, caro presidente, la palla passa a Lei: cosa farà il Napoli da grande? Perché ostinarsi a perdere  uno dei calciatori più forti al mondo solo per non avergli assicurato più soldi (denaro che lo stesso giocatore farebbe rientrare nelle casse della sua società con gli interessi)? La Roma, ad esempio, è un sodalizio prestigioso ma non possiede certo le finanze di alcune società inglesi, francesi e spagnole (e nemmeno della Juventus) eppure De Rossi e Totti percepiscono uno stipendio da top player (più alto di quello che chiederebbe Cavani al Napoli), con buona pace dell’ “equilibrio di spogliatoio”. Se davvero in futuro Cavani guadagnasse quanto richiesto, chi avrebbe il coraggio di lamentarsi? Dossena? Dzemaili? Pandev? De Sanctis?…e cosa combinerebbero in campo tutti loro se non avessero in squadra quello spietato goleador? E poi, senza un attaccante da 25-30 reti in campionato sarebbe difficile centrare la Champions League. Quindi, altri soldi persi e non certo guadagnati.

Ora il Napoli somiglia ad  un bel castello che necessita solo di qualche ritocco affinché diventi spettacolare. Ma faccia attenzione, presidente: le sue prossime scelte societarie (dalla gestione degli ultimi giorni di calciomercato, alla “Trattativa-Cavani”) riveleranno a tutti gli appassionati azzurri se questo castello è stato tirato su con la pietra e con l’acciaio oppure se è fatto solo di sabbia.

Marco Soffitto

 

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