Fideleff, la fortuna-sfortuna di portare i ricci

Uno strano destino sembra accomunare i magnifici portatori di ricci. Non intendo quelli di mare, peraltro vietati,ma quelli ancor più belli che crescono come verzura insolente su teste fortunate. I sottili capelli che si torcono inquieti, restii ad ogni fissaggio, quelle curve dondolanti che fanno selvaggio e vigoroso.
Questi ricci, non so perché ( non ho ancora trovato la formula esatta del loro periodico apparire ), sorprendentemente fioriscono su crani mai anomali, su anime mai grigie, sempre al centro di attenzioni, ammirazioni o insulti. Ancora oggi non saprei dire se l’attenzione loro concessa nasca proprio da quella capigliatura, oppure sia solo una fatidica e ripetuta coincidenza. Personalmente inclino verso il primo sintagma.
Ricordate Valderrama? Folle nelle giocate e giullaresco nei capelli. Maradona non era riccioluto? E Platini, sebbene di un riccoletto un po’ rado? Il sommo Jo-Jo? E il “genio” Savicevic? Il carioca Falcao, il colosso Collovati? Mica vi sarete dimenticati il divin codino? E questi sono solo alcuni abitanti di quella nazione tutta particolare e sconosciuta ancora preda di sogni esplorativi.

Questi calciatori sono portatori di attitudini e destini diversi rispetto ai cuoi normo-dotati. Per loro la luce mai si spegne, e anche quando conduciamo la nostra normale vita appaiono all’improvviso all’ingresso della memoria, reclamano accoglienza, si insinuano nelle nostre fantasie. Sono questi calciatori che più di altri ricordiamo, proprio nel rispetto della legge dell’influenza estetica. Dobbiamo ammetterlo, catturano il nostro sguardo, se non altro per quell’anomalia geometrica e per il loro voler essere esiliati dal gellonzo imperante. Proprio per questo appaiono di un altro mondo, di un’altra razza, e forse, sotto sotto lo sono.

Come ho voluto dimostrare elencando solo alcuni nomi di felici e osannati riccioluti, questa capigliatura arruffata e sconvolta è un sigillo di diversità e di attenzione, di considerazione in più, malgrado a noi sfugga il perché. Chi ha talento si giova oltremisura del suo look naturale, ma per chi quel talento non lo possiede, possedendo solo la chioma, ahimè, son dolori.

Fideleff, o meglio la sua parabola, è la più lucida sperimentazione galieiana della legge che vo’ dimostrando. Quando lo vedemmo sbarcare con quell’incappucciata dorata ci portò indietro nel tempo, ai magnifici difensori argentini del mundial ’78, lo credemmo forte, e forse davvero lo è. Il primo tempo con il Chievo chi non lo ricorda? Mi dissi ” Guarda sto’ fenomeno. Che stopper, arcigno, con i tempi giusti..e che chioma. E’ un predestinato”.
Poi…mannaggia. Un errore mostruoso, unico ma gigantesco. Fu la sua condanna. Ce ne ricordammo, e se ne ricordò anche Mazzarri, proprio per quella vistosa chioma che lo isolava nella sua diversità. Avesse portato un capello neomelodico sicuramente avrebbe destato meno clamori e attenzioni il suo errore. Purtroppo per lui, scontò all’inverso, in una specie di nuovo contrappasso, la visibilità accecante del suo grano dorato.
Ah, questi bendetti e malefici ricci. Danno e tolgono, come tutte le cose, giusto per mantenere il mondo in equilibrio, giusto per mantenere inalterato il peso dei trionfi e dei tracolli.

Carlo Lettera
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