Insigne, ovvero cosa significa essere frattesi

Noi siamo il nostro passato“, così Hegel denunciava la positività della memoria e l’impossibilità a sottrarci ad essa. Ogni uomo si muove nel mondo avendo un codice prefissato, una struttura acquisita che lo “obbliga”, anche senza volerlo, a delle scelte piuttosto che ad altre. L’uomo si crede libero, ma non sa che le sue azioni sono unicamente quelle che il contesto sociale e culturale gli impongono. Imprigionato nella forma soffocante della storia l’individuo ne è plasmato senza saperlo, le sue possibilità non sono infinite ma limitate da forza anonime che lo imprigionano. Certo, l’uomo contribuisce a strutturare la storia con la sua volontà plasmatrice, ma si tratta dell’uomo come genere, non come singolo, che in quanto tale la subisce.

Io, tu, Voi, tutti siamo guidati dalle nostre esperienze, dai nostri luoghi che ci hanno formato. Una strada, una piazza, l’odore preciso di una pianta, il simmetrico colore di un marciapiede, tutti questi ricordi riposano nel fondo del nostro essere, lo guidano nelle scelte, costruiscono un carattere.

E non esiste luogo che formi l’unicità di uno spirito più del proprio paese, paese che quando siamo fanciulli assume le sembianza del mondo intero. In un paese, che il fato ha voluto fosse anche il mio, è nato Lorenzo Insigne, un genio del calcio, un fuori-di testa della normalità, un ragazzo che sparge sogni come il contadino sparge i semi. Lorenzo il “magnifico”, Lorenzo l’irriverente, Lorenzo che sa mischiare fatica e magia, umiltà e superbia nelle giocate. Lorenzo è un giocatore d’azzardo come la sua, anzi, la nostra città, Frattamaggiore.

Frattamaggiore ha un’anima forte, un profumo preciso, una fisionomia definita di cui Lorenzo si è nutrito. Non è un paese agricolo nato da duecento anni; le prime fonti storiche che accennano ad una Fracta major risalgono al 954 d.c. Ha un cuore antico, dove il tempo ha saputo mischiare ricchezza e miseria, buongusto e tracolli. Il suo centro è asimmetrico come tutte le città che sono state architettate lungo molti secoli. E’ un centro commerciale, dove si rischia, dove l’azzardo costituisce una cifra costante.

Lorenzo ha tutto della sua città, chi guarda una giocata di Insigne senza saperlo sta leggendo un trattato di storia. Vi legge la fatica dei funari che procedendo all’indietro assottigliavano la canapa, canapa di cui Frattamaggiore era all’inizio del secolo la terza esportatrice al mondo. E’ irrequieto, nervoso nei movimenti, accelerato nella corsa come la sua città sempre in movimento, spazio di avvocati, banche e clacson che tolgono il sonno. E il sonno Lorenzo lo toglie agli amanti del calcio, con quella gioventù consacrata al sorriso e quelle finte che irridono, che sfidano le regole geometriche, come la sua Frattamaggiore tortuosa e spavalda.

Lorenzo è cresciuto nei miei vicoli, ha guardato la mia stessa luna, ha sentito il fremito della piazza dove anche lui forse ha “strusciato”, ha gustato il divino gelato della gelateria di Via Padre Mario Vergara, ha acquistato la mela rosso-lucido alla festa di S.Sossio il 23 Settembre. Lorenzo ha negli occhi la luce del nostro mattino, la risata sonora di chi si sente al sicuro riparato dai superbi palazzi dell’Ottocento.

Lorenzo ha una parte della mia anima, i suoi occhi hanno visto le stesse mie cose, forse, senza volerlo, adesso stiamo pensando ad un’identica cosa. Figlio di un paese crocevia di incontri, aperto al nuovo, amata periferia che sa partorire talenti, ora Lorenzo quando passa dalla piazza sente forte il cuore e l’applauso della sua città, la sua seconda madre, la sua inconsapevole educatrice di stupori

Carlo Lettera

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