Cavani e Hamsik, i tenori da cui si può e si deve ripartire

Dov’eravate rimasti? In quale angolino sperduto della memoria, ingolfata da quella raffica d’esecuzioni perfette? La carica delle 125 reti è un’energetico senza eguali e in quel viaggio nel futuro che comincerà il 10 aprile, il Napoli che decolla lo fa in sella ad un tandem delle meraviglie, lasciandosi guidare dal fiuto di uomini nati per stupire, nella premiata ditta Cavani & Hamsik, a loro modo gli uomini per i sogni. Benvenuti alla giostra del gol, quell’infernale macchina «da guerra calcistica» che va avanti ormai da anni, un quinquennio, e che s’è andata man mano aggiornando e poi integrando, arricchendosi, eccome, d’artiglieria pesante, sistemando al fianco di Marek Hamsik, il precursore, Edinson Cavani, il perfezionista, e formando un blocco terribile.

DICE TRENTATRE’ – Avanti tutti, ma soprattutto avanti Cavani, un matador (o anche un matad’or) che non si arrende dinnanzi mai, che sfida le difese più attrezzate, che segna sempre, in Italia o all’Estero e che per due stagioni è stato capace di farne trentatré, bissando se stesso, spopolando, sistemando alle spalle di Ibra e Di Natale, trascinando il Napoli in Champions o in Europa League, scaricando un numero impressionate di triplette (cinque) e doppiette (dieci), non avendo «rispetto» per nessun’avversaria, perché per l’uruguayano «grandi» e «piccine» sono la stessa cosa. Cavani è l’attaccante buono per tutte le stagioni, un affare da diciotto milioni di euro – pagabili in leasing – che ora ha un valore patrimoniale non inferiore ai cinquanta milioni di euro: il pratica, un incedibile, che solo «un’offerta da pazzi, ma veramente da pazzi» renderebbe trasferibile. Trentatre reti subite, trentatré gol poi nella seconda tornata, affinché nessuno avesse il sospetto che quello era stato un caso, che il vero Cavani appartenesse agli umani: e invece, tanto per gradire, la versione partenopea del matador – d’un centravanti che ormai va considerato un pezzo pregiato, un gioiello, una pepita, fate un po’ come vi pare – ha immediatamente replicato, ribadendo l’ormai acquisita prolificità.

MAREKIARISSIMO – Ma il cannoniere, nel primo triennio del Napoli in A, ha i capelli a spazzola e la faccia da scugnizzo di Marek Hamsik, un centrocampista che sa come si segna, che conosce i tempi degli inserimenti, che ne fa in sequenza nove, ancora nove e poi persino dodici, che spazia (pure lui) dall’Italia all’Estero, che si erge a protagonista e decide di restar tale, finendo per diventare una bandiera, con il contratto in scadenza nel 2016, ancora quattro anni (almeno), dopo i cinque alle spalle e dunque con potenzialmente nove stagioni vestito d’azzurro. Hamsik è il bravo ragazzo della porta accanto che strega De Laurentiis ma non solo lui: Reja lo paragona un po’ a Gerrard e un po’ a Lampard, negli anni lo cercando la Juventus, l’Inter e il Milan, lo insegue anche il Chelsea, ma la scelta di vita dello slovacco si chiama Napoli.

DOPPIA COPPIA – Il destino poi a volte decide di intervenire e quando lo fa riesce ad incidere in maniera definitiva, come quando si scrive nella roccia oppure nella storia: stadio Olimpico di Roma, domenica 20 maggio, si gioca Juventus-Napoli, è la finale di coppa Italia, ed è un appuntamento che può colmare un vuoto in bacheca apertosi da un quarto di secolo. Finisce nel delirio dei trentamila al seguito degli azzurri, finisce con un 2-0 che concede onore per sempre: finisce con le reti di Cavani dal dischetto e di Hamsik. Non c’erano dubbi…

fonte: Corriere dello Sport

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