Le metamorfosi di Zeman

Zdenek Zeman è ufficilamente il nuovo tecnico della Roma. Zeman entra nuovamente dalla porta principale del nostro calcio, dopo esserne uscito malamente proprio a Napoli, ove non ha certo avuto il tempo e la fiducia necessaria per costruire un progetto solido. Da quel maledetto campionato sia per Zeman che per gli azzurri, il tecnico boemo ha subito una caduta vertiginosa, lasciandosi dietro i pezzi in frantumi di un calcio che sembrava quasi non essere più accettato da nessuno, poichè troppo dispendioso in termini di energie, e a lunga gittata, forse troppo lunga da far perdere mordente e continuità alle società cui affidavano il progetto nelle mani di Zdenek,  probabilmente poco adatto alla politica del “tutto e subito” che le società di oggi impongono ai propri tecnici.

Ecco allora che, dopo il miracolo Foggia, che ha segnato una nuova era del calcio nostrano, con picchi di gioco paragonati ai grandi tecnici della storia del calcio, al pari, ad esempio, di Helenio Herrera, Nereo Rocco e Van Gaal, il volo di Zeman conobbe la piazza romana, prima sponda Lazio, dove ha sicuramente dato il massimo a livello di risultati, per poi ripiegare sui giallorossi della Roma, dove è appena tornato per stupire ancora. Dopo l’esperienza nella capitale, tre mesi in Turchia, al Fenerbahce, furono necessari a fargli sentire la mancanza del nostro calcio. A riportarlo in Italia fu l’idea del nuovo proprietario del Napoli, Giorgio Corbelli, a cui Zeman crebbe subito, tant’è che si cerco di fornire al tecnico materiale di valore con cui lavorare. Furono acquistati Amoruso, Pecchia, Baccin, Sesa, Saber, Quiroga, Fresi, Husain, Vidigal e Jankulowski, validi quanto inefficaci al progetto, se non in pochi casi sporadici. Tutti ricordano l’amichevole con il Real Madrid, oppure la prima parte della partita contro la Juve, dove sembrò che il tecnico avesse costruito il perfetto prototipo del calcio a sua immagine e somiglianza. Non fu così purtroppo, la realtà ha recitato ben altri copioni, amari e deludenti, fino ad arrivare all’esonero dopo sole sei giornate, troppo poche per concedere il diritto di replica. La parabola discendente del tecnico ebbe inizio con piazze come Salerno, Avellino, Lecce, Brescia, per approdare poi allo Stella Rossa di Belgrado, dove rivide la luce della grande squadra, nobile decaduta, ma venne nuovamente esonerato causa un disastroso approccio con il team, relegato all’ultimo posto e fuori dall’Europa. L’incubo sembra essere terminato con il suo ritorno a Foggia, assieme con il suo scopritore, quel Pasquale Casillo, già presidente all’epoca della squadra che stupì tutti. Ma l’esperienza dimostrò che non tutte le fiabe finiscono con il lieto fine, poichè il Foggia non raggiunse i tanto sperati play off per la promozione in B, e Zeman lasciò la panchina spontaneamente, deluso dalla cocente delusione. Per la cronaca, il campionato dei pugliesi si concluse al sesto posto, con il miglior attacco (grazie anche al duo Insigne-Sau, attualmente ai vertici del campionato cadetto  prossimi protagonisti del mercato estivo) e la peggior difesa, come solo una squadra allenata dal tecnico boemo può essere in grado di portare a termine. Ecco affacciarsi all’orizzonte il progetto del Pescara, serio e ambizioso, portato avanti con un gruppo di giovani campioncini in erba, tra i quali lo stesso Insigne allenato a Foggia, Verratti, Immobile, Capuano, Caprari e molti altri capaci di stupire tutti, conquistando la promozione e la leadership nel campionato cadetto.

Il podio in B è valso a Zeman le giuste credenziali per riproporsi ad alto livello nel calcio che conta, con una grande del nostro campionato, in quella Roma che nel ’99 non ebbe la perseveranza di proseguire il cammino segnato da Zdenek, ed oggi, con le giuste attenuanti, ci vuole riprovare portando con se un ampio bagaglio di esperienza, fatto perlopiù di sconfitte e delusioni, ma che hanno sicuramente forgiato l’allenatore nello spirito e nel carattere, riportando a galla un tecnico che ha assorbito le nefandezze di un calcio malato e corrotto, riconducendolo a modo suo sulla retta via, fatta di chiarezza e pura dedizione al calcio pulito, quello che ci tiene ancora incollati ad una passione per questo sport che non muore mai. Ha pagato a caro prezzo il suo modo di essere schietto e sincero, con dichiarazioni al vetriolo che hanno minato le fondamenta del palazzo, che, di contro, ha risposto rendendo arsa e bruciata la terra attorno al tecnico boemo, contribuendo in maniera determinante ad una carriera fatta più di bassi che di alti, al di sotto di ciò che realmente Zeman avesse realmente meritato. Un plauso alla Roma per il gesto “coraggioso” di riportarlo nella capitale dopo tredici anni, abbiamo bisogno ancora di storie come queste che ci inducano a credere ancora che, al di là del business, c’è ancora un pò di sano romanticismo. 

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