Furto con destrezza. ‘O surdato ‘nnammurato incanta i piemontesi

 

Consideriamo un’ipotesi, invero già più volte verificatasi. Il Napoli vince al San Paolo con un 3 – 0 senza appello contro l’odiata Juventus. Ce le vedete le Curve intonare “La Monferrina”? 

Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, non ha perso tempo e su twitter ha commentato “Tutto lo Juventus Stadium canta o’ surdato innamorato. Questa e’ vera egemonia culturale del sud!” Esattamente Sindaco. È egemonia culturale. È la lampante dimostrazione che, ancora una volta il sud, quel sud martoriato da 151 anni di dominio, è in grado di imporre i propri usi, i propri costumi, le proprie tradizioni, il proprio virtuoso stoicismo a chi, diciamolo, entrando per la prima volta nelle stanze dei nostri palazzi 151 anni fa, scambiò un bidè per uno strano oggetto a forma di chitarra. C’è addirittura qualcuno che con sorprendente compiacimento ritiene che il palmarès juventino valga più della cultura. Ancora una volta la nostra tesi è sorprendentemente dimostrata e riteniamo, in verità, di poter sostenere con ragionevole certezza che tutto il popolo partenopeo preferisca decisamente qualche titolo in meno. L’ennesima dimostrazione che il popolo juventino non è popolo, non ha legami, non ha radici, è apolide. Un insieme di individui senza legame con la propria storia, senza radicamento territoriale. Qualcuno ha sostenuto che la stragrande maggioranza della tifoseria juventina si concentri lontano da Torino. Molti sostengono che il tifoso juventino non abbia coscienza della propria storia culturale, della propria derivazione sociale.

 

Quanto avvenuto ieri sera ne è forse la prova più lampante. Ma forse il tutto si risolve, come sempre, in una questione di coerenza. Ci risulta alquanto difficile comprendere come coerenza possa giustificare, nella stessa serata, la coesistenza di cori come “Noi non siamo napoletani” e “‘O surdato ‘nnammurato”. Ci risulta estremamente difficile comprendere come sia possibile, secondo coerenza, esporre striscioni che inneggiano alle fantomatiche proprietà detergenti del Vesuvio e contemporaneamente intonare i versi di Aniello Califano. Non riusciamo a spiegarci come si possano esporre le stucchevoli buste di “monnezza” e contemporaneamente intonare il nostro inno. Eppure una spiegazione c’è. Deve esserci. Forse la coerenza è altrove. Forse è in quell’insano vizio, già certificato dagli organi di giustizia sportiva e penale. Forse è in quella personale attitudine al furto, con destrezza per carità, cui la tifoseria bianconera è da tempo immemore abituata.

 

A noi non resta che uno scatto d’orgoglio, quello partenopeo e meridionale. A noi non resta che mostrare con estrema fierezza la nostra napoletanità. Noi abbiamo il dovere morale di imporre la nostra storia, la nostra tradizione. Il 20 maggio questa strana stagione ci consente il riscatto in appello. Il 20 maggio l’Olimpico, Roma e l’Italia intera dovranno godere della meraviglia di quelle note. Il 20 maggio il Napoli, i napoletani, sono chiamati ad una prova d’orgoglio.

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