Napoli-Catania: dov’è finito il cervello del Napoli?

Il cervello dell’uomo è un’arma più terribile dell’artiglio di un leone. “

Disse un certo Schopenhauer.

Quest’ultimo è un concetto che ben incarna una sconfitta mascherata da pareggio, come quella maturata dagli azzurri contro un Catania parsimonioso e “cervellotico”, ma ancora di più, contro il Napoli stesso, che ha saputo emulare all’ennesima potenza tutti i suoi limiti ed enfatizzato la mancanza di quel “cervello”, indispensabile per gestire un doppio vantaggio così come le fasi topiche del match.

Una sconfitta sul piano tattico, indubbiamente si.

La squadra di Montella ha eseguito e seguito alla perfezione quell’impostazione di gioco necessaria e sufficiente per mettere in fallo la scacchiera di Mazzarri.

Un 4-3-3 molto raccolto e ben accorto a non concedere spazi, soprattutto nel primo tempo, il Catania si è mostrato pronto ed abile nell’approfittare delle repentine ripartenze, ogni qualvolta ne ha avuto l’opportunità, nonché parimenti accorto nell’attuare quell’ostracismo tattico idoneo a depauperare idee e lucidità alla manovra di gioco degli azzurri.

A onor del vero, la squadra di Mazzarri è riuscita a portarsi in vantaggio per merito di un pregevole tiro da fuori area di Dzemaili, uno dei pochi azzurri a non essere vittima di quella irritante ostinazione di voler entrare fin sotto porta con il pallone incollato tra i piedi.

Questo atteggiamento, in particolar modo contro le squadre-roccaforte, appare utopistico ed avulso da qualsiasi logica, utile esclusivamente a concedere palloni preziosi che, ad altro non possono servire, se non ad innescare ripartenze avversarie che sovente sanno rivelarsi letali.

Un lusso che non si può e non si deve concedere, soprattutto considerando l’enorme quantitativo di uomini muniti di un apprezzabilissimo tiro dalla lunga distanza, di cui dispone il Napoli, all’interno del proprio organico.

In verità, tirare, in tante, troppe circostanze, appare una responsabilità che nessuno degli azzurri sembra volersi accollare.

Così come le palle inattive, l’altra nota dolente per eccellenza di questa squadra, vengono trasformate in autentiche perle gettate ai porci, poiché troppo raramente la squadra risulta essere in grado di sfruttarle in maniera costruttiva ed efficace ai fini del risultato.

Perchè, mettiamocelo bene in testa, alla fine di ogni partita, conta solo il risultato.

Diversamente da come qualcuno vorrebbe lasciarci credere, collezionare un numero significativo di azioni gol, seppur non tramutandole in reti effettive e necessarie per modificare a proprio favore il risultato, non sottrae né aggiunge punti alla classifica, bensì concorre soltanto ad accrescere il rammarico, probabilmente.

Già, perchè se il Napoli non fosse stato arruffone e sprecone sottoporta, saremmo qui a parlare di tutt’altra partita, di una diversa prestazione e di un’altro Napoli.

Perchè nell’arco temporale contemplato tra il gol di Dzemaili e il primo gol del Catania, che ha consentito ai siciliani di portarsi sul 2-1, di spazi ed occasioni per giocare da Napoli, il Napoli ne ha avuti e, diversamente da come siamo abituati a vedergli fare, non li ha divorati con la cattiveria e la fame di vittoria che ha spesso, ma non sempre, contraddistinto questa squadra.

Se solo fossero stati maggiormente lucidi sottoporta, gli azzurri avrebbero potuto portarsi sul 3-0 ed archiviare comodamente la pratica Catania e, aspetto assai più fondamentale, rimanere a ridosso di quel tanto agognato terzo posto in maniera assai imponente.

Questione di “cervello”.

Perchè anche nel calcio, quando manca il raziocinio, puntualmente arriva la punizione.

L’errore madornale commesso dagli azzurri è sempre il medesimo: la comprovata ed assodata incapacità di gestire il vantaggio.

Paradossalmente, oggi, il Catania si è rivelato assai più abile nel gestire il suo svantaggio.

Infatti, dopo aver ritrovato gli equilibri necessari per arginare la manovra degli azzurri, la squadra di Montella ha inferto i due colpi essenziali per riportare il match in parità.

Due gol che maturano da due colpi di testa e che, così, evidenziano, ancora una volta, l’ennesima lacuna vigente in difesa.

Sarà solo un caso che i due gol sono scaturiti allorquando Mazzarri ha richiamato in panchina Fernandez, il cui pezzo forte è insito nel gioco aereo, per gettare nella mischia un Cannavaro che nelle ultime partite non è apparso in grande spolvero?

In verità è l’intero trio con annessi i due esterni, Zuniga ed, in particolar modo Dossena, ad apparire in una condizione fisica (e non solo) deficitaria.

Quello visto oggi è un Napoli sonnacchioso e lezioso, poco concentrato, con poco “cervello”, lo certificano l’enorme quantitativo di passaggi sbagliati e le molteplici leggerezze delle quali molti azzurri si sono resi autori.

Poco cervello lo ha dimostrato anche chi, nonostante non sia apparso al meglio delle sue potenzialità oggi, quando si è visto richiamare in panchina, ha dimostrato di non comprendere il momento in cui imperversava la squadra, lasciandosi andare ad imprecazioni di stizza e rabbia, più costruttive se indirizzate verso se stesso, probabilmente, piuttosto che nei confronti dell’allenatore.

Gesto utile esclusivamente a conferire tensione al match e che non ha contribuito a trasformare il pareggio-sconfitta di oggi in una sconfitta supportata dal risultato, soltanto perché il pubblico del San Paolo ha dimostrato di avere cervello, non contestando quella sostituzione, ma supportandola con gli applausi.

“Le vecchie guardie”, “i titolarissimi” dovrebbero iniziare a familiarizzare con l’idea che non esistono giocatori inamovibili.

A onor del vero, la partita di oggi è stata salvata dalle “seconde linee”: Dzemaili, un Pandev sontuoso che ha letteralmente cambiato volto al match con il suo ingresso in campo e Fernandez, perché è legittimo rimanere con il dubbio che, se fosse rimasto in campo, magari, con uno dei suoi imponenti stacchi di testa, sarebbe riuscito ad arrivare in anticipo, almeno su una di quelle due palle gol.

E’ il caso che anche chi sceglie i giocatori da schierare in campo allarghi il proprio raggio visivo ed inizi a tenere maggiormente in considerazione delle riserve che, in taluni momenti storici in cui la squadra ha imperversato, imperversa ed imperverserà, potrebbero rappresentare una reale ed ottimale alternativa ai titolarissimi, soprattutto per consentire a questi ultimi di ritrovare la condizione fisica, ma soprattutto il cervello.

Perché per centrare il terzo posto in campionato il Napoli deve ritrovare il suo artiglio da leone e per riuscirci occorre il cervello.

Non lo sostiene Schopenhauer, lo sta urlando il terreno di gioco.

Luciana Esposito

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