Le gioie e i dolori del Napoli arrivano e partono dal numero 3

Vittoria “rotonda”, schiacciante, meritata, inattaccabile, capace di allontanare le beffarde e millantatrici  “sirene della Champions” e zittire, con un risultato inopinabile, coloro che giudicano le prestazioni degli azzurri con fare diffidente ed approssimativo, palesando riserve e remore riguardo le reali potenzialità e velleità della squadra stessa.

Come sovente accade, la verità, probabilmente, si colloca esattamente al centro di quella sottile, ma sostanziale, linea di demarcazione che separa l’eccesso di zelo dalle acerrime analisi valutative.

Volendo stimare una classifica modello “top&flop”, “in&out”, “promossi&bocciati”, della gara disputata dal Napoli  ieri sera contro il Cagliari, di certo, non si può serenamente dichiarare che il risultato tennistico di  6-3 a favore degli azzurri, sia una condizione necessaria e sufficiente per catalogare la prestazione di tutta la squadra sotto la voce “esente da critiche”.

Piuttosto, erroneo, altresì, sarebbe che questa vittoria altisonante, funga da specchietto per le allodole efficace ad inghiottire i 3 gol subiti.

Tre reti non solo sorelle, ma anche gemelle, poiché tutte scaturite da azioni fotocopia e pertanto, figlie dei medesimi, sistematici svarioni  difensivi.

E’ innegabile che la difesa del Napoli, attualmente stia attraversando, forse, il momento più critico e difficoltoso della sua storia.

Merito dell’asfissiante pressione imposta dall’enorme quantitativo di partite che, incessantemente, i titolarissimi del reparto arretrato, sono chiamati a sostenere, piuttosto che dalla poca lucidità conseguente proprio dallo scarso scarto tra riposo e lavoro.

 Qualsiasi interpretazione può essere stimata come legittima e veritiera.

Lecito è trovare alibi e giustificazioni in qualsivoglia chiave di lettura, ma la sostanza non cambia.

Parlare di un allarme in difesa risulterebbe eccessivo,  probabilmente si, ma definirlo un  S.O.S. forse no.

Il tandem Dossena-Aronica, ieri sera, ha palesato tutti i suoi limiti nel contenere un dilagante Ibarbo, le cui caratteristiche di velocista abile nelle progressioni, erano ampiamente preannunciate.

Pertanto, non risulta particolarmente appropriato, ancora una volta, incentrare il fulcro della situazione sugli “uomini”, ma, piuttosto, sull’incapacità di cambiare volto alla squadra in campo, allorquando, dal terreno di gioco traspaiono pecche, lacune, talloni d’Achille, in precise zone del campo, attuando qualche semplice, ma talvolta necessario, accorgimento tattico, utile ad evitare di esporre la squadra a sofferenze e, ancor di più, a rischi inutili e facilmente raggirabili.

Chi ha sviluppato una certa  familiarità e dimestichezza con il modo di giocare a calcio di questa squadra, avendo avuto modo, nel tempo, di assistere a svariate partite, che si tratti di tifosi o di addetti ai lavori è secondario,  allorquando il Napoli fraseggia con il pallone tra i piedi, nelle fase di costruzione dell’azione di gioco, prima che avvenga un passaggio, è in grado di “predire” anzitempo  a chi è destinato quel pallone e come  si protrarrà quella stessa azione.

Questo aspetto dovrebbe essere oggetto e spunto di non poche riflessioni, perché ben incarna la fin troppo conclamata monotematicità e prevedibilità tattica di questa squadra.

L’arma in più del Napoli, di contro, è più che degnamente rappresentata da “quegli altri 3”: i 3 del reparto avanzato, “i Tre Tenori”, il “Trio delle meraviglie” e chi più ne ha più ne metta.

Per loro gli aggettivi si sprecano, perché, dalla loro parte, ci sono i numeri, i dati, le statistiche e, anche nel loro caso, i gol.

Ma, nel loro caso, quelli in attivo.  

E’ sufficiente recapitare il pallone ad uno di quei tre là davanti (includendo, tra questi, anche il “valore aggiunto” Pandev) per creare la variante imprevedibile, quella che può risolverti la partita e che, quando non riesce a farlo, ci va, comunque, molto vicino.

E’ nei frangenti in cui il reparto avanzato non trova i varchi necessari per esprimersi al meglio che la squadra annaspa.

E’ per questa ragione che “quei tre là dietro”, quando si trovano al cospetto di tutti gli spazi chiusi, si avventurano in quei traversoni volti a cercare “quei 3 là davanti”, come a voler lanciare a loro “la patata bollente”, perché loro sanno cosa farci, ma soprattutto, cosa inventarsi.

Detto ciò: “la miglior difesa è l’attacco.” Almeno così recita un famoso proverbio.

Sarà vero?

In attesa che il campo decreti il suo insindacabile verdetto, ognuno è libero di ricercare “la sua risposta” come, dove e quando meglio crede.

Luciana Esposito

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