Il punto: ed ora a lezione di cattiveria agonistica

Tarda a svanire il lungo incantesimo che blocca gli uomini di Mazzarri. La diagnosi è ben risaputa: debole coi deboli. A Siena è andato in scena il Napoli dei fantasmi, uomini-ombra di se stessi, per l’ennesima volta in vena di regali, sia sotto l’aspetto realizzativo (il primo gol) sia per ciò che riguarda frazioni di gioco (un temp, il primo, completamente inerme). Le reazioi sono state le più disparata, tant’è che si sono create fazioni di tifosi con diversi punti di vista: molti sostengono che parte della ripresa degli azzurri avrebbe legittimato un eventuale pareggio, quest’ultimo giusto ai fini del gioco mostrato in campo e delle opportunità. C’è anche la schiera dei disfattisti, coloro i quali hanno una visione pessimistica del post-gara, ravvisando crepe sia sul piano del gioco, sciatto e risaputo oramai, sia per quanto riguarda l’unione del gruppo, minato da voci di mercato che destabilizzano le menti dei ragazzi azzurri e offuscano la strada degli obiettivi. La verità, come spesso accade, si trova nel mezzo. La sfida contro il Siena ha ancora una volta sottolineato quanto sia difficile immergere i ragazzi in quella che dovrebbe essere una concentrazione tale da non sottovalutare alcuna squadra, andando al di là del blasone di ogni singola avversaria, affrontando le sfide con l’unico obiettivo di portare a termine la gara provando la vittoria senza alcuna flessione, che sia il Siena o il Milan non dovrebbe avere importanza. Questa caduta degli stimoli, questa perdita di lucidità al cospetto di avversari cosidetti “provinciali” condanna gli azzurri ad essere gli eterni incompleti, mancanti di quell’ingrediente che completa una squadra ambiziosa e proiettata verso un futuro roseo come potrebbe esserlo il Napoli: la cattivera agonistica. Non riuscire a sfruttare al meglo le, seppur poche, occasioni da rete, concedere agli avversari spazi determinanti negli ultimi 20 metri, giocare spesso fuori posizione, lasciando scoperte aree di gioco, calpestarsi i piedi a vicenda, ricoprendo la stessa zona nel giro di qualche metro, non utilizzare la giusta determinazione nei contrasti e nelle giocate più semplici, non sfruttare qualche volta il fallo tattico come ultima spiaggia per evitare una situazione pericolosa. Tutto questo “elenco” appartiene alla “galleria degli orrori” della semifinale col Siena, quest’ultima contrariamente brillante e determinata a portare a caa un risultato positivo, nonostante le mosse “arrendevoli” di Sannino nel pre-gara, dopo la rinuncia di pedine fondamentali quali Desto, under 21 e uomo chiave di questa stagione, Calaio, ex arciere azzurro, eroe in magia azzurro durante la cavalcata dalla C alla A, insieme con una serie di giocatori solitamente impiegati dal tecnico campano nell’orbita dell’undici titolare. Del tutto fuori fase ci sono sembrati, su tutti, Campagnaro e Maggio, bisognosi, a nostro parere, di qualche turno di riposo, anche sotto l’aspetto mentale. Troppo comodo sarebbe accontentarsi della reazione azzurra nella ripresa, in modo particolare nell’ultima mezz’ora di gioco, dove il Napoli ha avuto diverse occasioni mancate, vuoi per imprecisioni, vuoi per totale assenza di fortuna, che, come confermato dal detto, aiuta gli audaci, e la squadra di Mazzarri di sicuro non lo è stato. Le gare durano 90° minuti , non è pertanto accettabile che una squadra conceda più della metà delle partite all’avversario, per svegliarsi dal sonno profondo solamente quando le sberle sono state somatizzate e una reazione è necessaria innanzitutto per non perdere la faccia. No, non è questo che vuole la gente, non è questo lo spirito giusto per affrontre una gara così importante, una manifestazione che ha così a portata di mano una possibile vittoria di un trofeo comunque prestigioso, utile per fare da apripista ad una mentalità da forgiare sotto l’aspetto dell’abitudine all’essere vincenti. C’è tutto il tempo per meditare sul da farsi, anche perchè l’autogol ha permesso agli azzurri di restare in corsa per la qualificazione, da non farsi sfuggire nella gara del ritorno, potendo contare anche sulla probabile carica dei settantamila del San Paolo, riempito da quei tifosi desiderosi di alzare al cielo la Coppa. Nulla è perduto, ma guai a ripetere una partita come quella di giovedì. Conservare le immagini del match potrà servire da monito sul “come non affrontare una semifinale”, in fondo dagli errori si possono costruire i successi.  

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