Vi racconto una partita tutta istinto e buone sensazioni…

Questa, amici miei, è stata senza ombra di dubbio la partita delle buone sensazioni, dei ritorni di fiamma e dell’istinto che va assecondato.

Il giorno prima abbiamo assistito ad una grande Juve, bisogna dirlo, che ha annientato una Roma nervosa, antipatica e senza gioco. Del Piero onora la fascia da capitano, Quaglierella la maschera di Pulcinella, cogliendo una traversa a porta vuota; il verme che è dentro La Mela esce fuori e mette ko Chiellini lontano dal gioco. E in fondo non ci dispiace neanche tanto. Assistiamo a tutto ciò con la testa già alla nostra  partita di Coppa Italia.

La giornata comincia con il recupero di alcuni oggetti fondamentali. Dev’essere tutto perfetto. Abbiamo bisogno di riprendere le nostre energie positive. E lo zainetto, presente dalla serie C, ma assente con Cesena e Bologna, deve tornare in curva. Così vado a prenderlo lì dove l’avevo dimenticato. Recupero anche gli occhiali da vista, fondamentali per raccontarvi una partita vera e non inventata. E già che mi trovo, penso di prendere anche i panini alla mia vecchia salumeria. I ragazzi sono grandi tifosi, mi daranno l’occorrente per i panini, sempre il solito, con tutto l’amore per l’azzurro che possono. Ebbene. Mentre aspetto paziente, mi sento osservata. Chiamata. Implorata.  Loro erano lì, accanto al banco dei salumi e dei formaggi. Li ho snobbati troppe volte. Li ho puniti. Non gli ho mai perdonato la sconfitta contro il Parma in casa e lo 0-0 con la Fiorentina. Non si sono fatti trovare con l’Udinese e con il Bayern ed ecco perché, all’unanimità, decidemmo di non dar più loro fiducia. Ma oggi l’istinto mi ha quasi rimproverato.

Mai togliere fiducia così presto. Me lo ricorderò, non solo con loro. E allora li ho presi e li ho riportati con me in curva. Amici miei, sono tornati i chicchirichì!

Ore 17 circa. Siamo in macchina, con un occhio fisso al contagocce di benzina, temendo di non arrivare allo stadio o di non tornare a casa dopo.

Ore 18 circa. Siamo dentro. La fila è stata veloce, poca gente fuori, pochissima dentro. E stavolta i nostri posti ce li prendiamo come si deve. Scotch trasparente a delimitare la nostra riserva, oltre a quella di carburante. All’ultima di Coppa Italia c’erano state troppe defezioni, come qualcuno ricorda mentre ci avviamo allo stadio. E quindi adesso dobbiamo essere più compatti che mai. “Noi ci evolviamo, speriamo che il Napoli faccia altrettanto” è quello che scrivo all’amico che è di nuovo fuori per lavoro. Lui non è sempre superpositivo, nell’ultimo periodo meno che mai, ma oggi ci ha tenuto a dirmi che ha una “buona sensazione”. Quando arrivo allo stadio, un altro del gruppo mi confida a bassa voce, con tutti gli scongiuri del caso, che ha “una buona sensazione”. Dopo un’ora circa, arriva la mamma del gruppo che sommessamente vuole regalarmi la sua “buona sensazione”. Giuro che hanno usato tutti la stessa frase.  E allora ho cominciato a crederci per davvero anch’io!

Il pre-partita è stato divertente. Freddo, gelato e divertente. Con un orecchio al risultato dell’altro quarto di finale. Apprendiamo subito che, se passiamo, sarà il Siena il nostro avversario. Avremmo avuto sassolini da toglierci in qualsiasi caso, ma col Siena sono più freschi e va bene così. Commentiamo il ritrovato Pandev e lo sperduto Inler. E’ il nostro acquisto di punta, è vero, ma se non c’è, non bisogna per forza metterlo in campo, come dice qualcuno. Come dargli torto?!

Il pre-partita è stato anche mangereccio, come al solito. E si comincia con una colomba pasquale al cioccolato. O un residuo natalizio. Non si capisce bene, ma è buono e condividiamo volentieri. Poi girano baguette con mortadella come se piovesse. E infine tanti Borghetti. Ad un certo punto me ne ritrovo due in tasca, ma non ricordo di averceli messi. Poco male. Con questo freddo riscaldano, dentro e fuori. Noi siamo pronti.

Ore 20 e gli azzurri entrano per il riscaldamento. Rifacciamo, dopo mesi, il nostro rito scaramantico con i chicchirichì e con le nostre felpe “Skomposte” in bella vista. Ora siamo pronti per davvero.

E direi che questa volta sono stati pronti anche i nostri ragazzi. Siamo aggressivi, siamo testardi, con qualche imprecisione, ma sempre recuperata. Il Pocho è tornato. Inler ancora no. E in curva un po’ si rumoreggia per questo. Anche se si ammette che non è poi molto aiutato, né dal modulo, né dai compagni. Insomma, le buone sensazioni non  ce le facciamo rovinare facilmente. Nel frattempo guardiamo Gargano tirare per l’ennesima volta una punizione. Lo apprezziamo di più quando comincia a ringhiare contro Sneijder. Lotta verbale che finisce con una chiacchierata tra l’arbitro e Gargano, quasi come tra un padre e un figlio. Anche per statura. E non sono l’unica a notarlo.

Il primo tempo termina tra gli applausi. Siamo visibilmente soddisfatti e io per la prima volta mangio il mio pezzo di baguette con mortadella nell’intervallo. Lo ammetto, ho trasgredito, ma dopo la colomba, o qualsiasi cosa fosse, non era ancora il momento della mortazza. Ancora una volta guidata dall’istinto, ho trasgredito alla più elementare regola del buon tifoso. E non  me ne pento, ovviamente. A volte andare oltre può dare una scossa. E, amici miei,  poco dopo l’ingresso in campo si capisce che la scossa stava maturando.

L’arbitro fischia un rigore sotto i nostri occhi. Ce n’era stato un altro nel primo tempo, ma i più maligni hanno pensato che l’arbitro avesse voluto evitare sprechi di tempo con rigori sbagliati o parati. Esorcizziamo così le delusioni passate, noi tifosi. Ma quando il pallone è sul dischetto, siamo tutti concentrati e, ora ne sono sicura, quel pallone dentro la rete l’abbiamo buttato un po’  tutti  noi con il cuore. E con gli scongiuri. E anche con le buone sensazioni.

Sull’1-0 è inevitabile che, per tutta la tensione accumulata prima, ci rilassiamo un attimo. Lo fanno gli azzurri in campo, subendo gli attacchi di un Inter che con Alvarez trova qualche incursione in più. E lo facciamo anche noi sugli spalti concedendoci qualche battuta innocente, come ad esempio qualche consiglio sul materasso da regalare a Inler. Lo svizzero non c’è ancora e noi lo aspettiamo. Ma adesso vogliamo “Smaili” e apprezziamo subito la sua voglia di fare e di non cincischiare. A circa tre ore dalla fine di Siena-Chievo, un amico davanti ci tiene a dire, nel silenzio temporaneo, che “Comunque ha vinto il Siena col Chievo”. Probabilmente aveva già testato il materasso da regalare a Gokhan. Non possiamo che dirgli  di non preoccuparsi, che poi lo svegliamo noi al secondo goal.

Le buone sensazioni non muoiono mai. Non in una serata così. E allora allo scadere del recupero, Cavani s’inventa una malattia,  scarta Ranocchia e portiere e la mette dentro, prendendosi l’abbraccio della nostra curva. Io mi sono presa invece l’abbraccio della mia famiglia scomposta che mi ha sotterrato tra urla e sospiri di sollievo.

L’istinto è stato premiato. I chicchirichì sono tornati alla ribalta e hanno fatto il loro dovere. E le buone sensazioni, quando sono così diffuse e condivise, possono solo trasformarsi in grandi emozioni.

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