Chi ama non dimentica

Il fondamentalismo napoletano è ufficialmente partito. Dopo la sconfitta di ieri sera al San Paolo si è scatenato il sentimento esplicitamente partenopeo di autodistruzione generata e generalizzante. Era prevedibile: l’ennesima sconfitta in casa, l’ennesima prestazione opaca in campionato. Come poteva rimanere muto il sacrosanto desiderio di critica di fronte ad un quadro del genere? La situazione era la più conveniente per lo scatenarsi della tempesta. E tempesta è stata. Voci incontrollate si sono generate dalle lingue più viperine del campo, con l’allenatore già dimesso, la squadra smarrita, i giocatori simbolo in fuga dalla città. Restiamo calmi. Il punto è principalmente un altro: cosa c’è da aspettarsi in più da una squadra del genere?

Il direttore del Corriere dello Sport, Alessandro Vocatelli, ha definito in tempi noti la squadra e il pubblico con un aggettivo particolare, mostruosi. Mostruosi rimangono ancora adesso i giocatori e i tifosi, il presidente e l’allenatore, soprattutto dopo una sconfitta così cocente come quella di ieri sera. Sarebbe davvero troppo chiedere all’ambiente di avere comprensione verso questi ragazzi, al di là dell’espressione di opinioni personali, di cui tutti hanno il diritto? Chi ama non dimentica; è questa la scritta dedicata al simbolo della storia del calcio napoletano. A non dimenticare deve essere prima di tutto il popolo partenopeo, mettendo da parte l’insoddisfazione del momento, anche se bruciante. Le gioie di quest’anno hanno un valore incommensurabile e nemmeno una partita sfortunata può cancellarle. Non bisogna accontentarsi del passato, ma nessuno nega il diritto di continuare a godere per quelle notti magiche. Alla fine siamo oramai abituati, siamo fatti così. Un giorno in paradiso e l’altro all’inferno. Speriamo di non restarci.

Raffaele Nappi

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