“Il tavolo della pace”, tentativo “all’italiana” di nascondere la polvere sotto il tappeto

E per fortuna che non c’è stato l’esito positivo ! In un clima politico attuale come quello italiano avremmo fatto ridere i polli (ergo i cittadini europei, e non solo i francesi, altrimenti avremmo parlato di galletti…). I tavoli riparatori come quello di oggi hanno infatti il sapore delle iniziative mediatrici, oramai stantie del nostro belpaese, utili ad insabbiare i dissapori del passato, dove ruggine e fango non si sono risparmiati a destra e a manca, dove fino a qualche giorno fa ci si accusava a vicenda di essere rispettivamente truffatori e/o truffati a seconda di chi raccontava “i fattacci”. Un classico. Ritornando al clima politico tutt’altro che stabile, il tavolo della pace ha rispettato tutti i crismi del momento critico in cui l’Italia si trova attualmente, e cioè “senso di instabilità”, “manie di cambiamento” al fine di migliorare, senza percepire che non si posseggono ancora i mezzi, incompatibilità tra gli appartenenti allo stesso partito (quello dei presidenti, sia ben chiaro)  . In pratica, abbiamo assistito ad una iniziativa che nessuno voleva, se non il Signor Petrucci il quale, dal suo canto, ha ammainato la bandiera dell’innovatore prima ancora di provarci davvero a dare una sterzata al calcio italiano. Aggiungiamoci pure che, un eventuale “stretta di mano” tra i presidentissimi Agnelli e Moratti sarebbe stata vista come una immagine di facciata per salvaguardare la macchina-calcio, per mandare un segnale sterile di ripartire, ma con quali presupposti resta ancora un mistero. 5 ore di chiacchiere, dove immaginiamo sia volata anche qualche “parola grossa” oppure, come in un dibattito tra gentlemam che si rispetti, i soliti “j’accuse” con un batti e ribatti da Processo di Biscardi, con Petrucci a fare la parte dello sgrammaticato conduttore, De Laurentiis e Della Valle i quali, più che far da tramite, ci piace immaginere abbiano indossato i panni dei guastatori (avendone caratterialmente il profilo). Certo, sentire il presidente del Coni che dice: “Non voglio dire che è una sconfitta del calcio, e in ogni caso sono a posto con la coscienza. Non lo considero un fallimento. Anche senza un risultato proveremo a guardare avanti, È un tentativo non riuscito e basta“, beh, sa tanto di “fuga dalla realtà con coda tra le gambe”. Si, perchè la realtà coerente sarebbe stata quella di accettare di aver avuto a che fare con un decennio di calcio “andato a male”, senza voler accusare solamente Moggi e la Juve, Moratti e lo scudetto di cartone, ma includendoci tutta l‘allegra brigata, senza voler elencare la lunga lista della vergogna. In questo modo avremmo avuto a che fare con un mondo consapevole dei propri errori, punto fondamentale sul quale porre le basi di una rinascita fondata sulla chiarezza e sui principi sportivi senza i quali questo sport non avrebbe ragione di essere. Così facendo probabilmente la distensione tanto agognata sarebbe forse arrivata senza chiamare “i cavalieri a corte”. 

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