Piedi per terra e testa tra le nuvole

Tanti. Troppi. Decisamente troppi i giorni trascorsi dall’impresa di San Siro. Davvero un’eternità.

Abbiamo rivisto il rigore fuori area più e più volte solo per il gusto di ammirare Julio Cesar sbraitare ancora e ancora. Abbiamo riascoltato i cori dei tifosi azzurri in trasferta al secondo e al terzo goal e a fine partita. E ci siamo preparati, pazientemente, all’ennesimo periodo di astinenza dovuto alle Nazionali: la nostra stentiamo ad amarla, Pertini ci perdoni; quella uruguayana è rea di convocare un Cavani malconcio che avremmo voluto far riposare (e invece, pensate un po’, segna pure!); quella macedone ci ha invece restituito un Pandev infortunato, ma non per molto. A tale proposito, vista anche l’ultima prestazione contro la sua ex squadra, le malignità sul web e non solo si sono sprecate: “Tanto non si nota la differenza”, “Finalmente si è autoeliminato”, “Abbiamo capito l’utilità delle Nazionali”. Pura cattiveria. Forse. Intanto gli esperti dicono che presto ci farà vedere il suo apporto a questo Napoli. Beh! A Questo specifico Napoli, probabile! In tutti i casi, non possiamo che di-sperarci.

Siamo contenti per la convocazione di Lucarelli, così si chiarisce anche che “uomo spogliatoio” non vuol dire mettere a posto le panche e pulire le docce.

I lunghi dieci giorni che ci hanno visto lontano dai campi sono stati riempiti dal tormentone “furto in casa Cavani” e dai rimpalli da un giornale all’altro: “se ne va indignato”, offensivo per chi in questi giorni mostra come ci s’indigna sul serio, “cambia casa e se ne va al Vomero”, come se il Vomero godesse di un’ immunità speciale da furto e affini, “Cavani ama Napoli e sa che i furti negli appartamenti esistono ovunque”, come se dovessimo dimostrare al mondo la nostra innocenza. Io invece ho pensato subito ai tanti palloni delle triplette portati a casa, sperando che il Matador volesse ricominciarne subito la collezione.

E invece, resto delusa. Da qualche parte ho letto che i palloni glieli hanno lasciati. E’ evidente che i ladri non erano tifosi, ed è stato ancora più evidente contro il Parma che Cavani non aveva nessuna intenzione di portarsi un altro pallone a casa. Forse attende di decidere se ri-traslocare o meno.

E ovviamente, nella settimana che ha preceduto il match di ripresa del campionato si è parlato di Champion’s e di Bayern. Sembrava volessimo farne un sol boccone, ma adesso dopo gli schiaffi di un GobbiGialloBlu e di un ModestoMaNonTroppo cominciamo a temere Ribery e compagni. E questo non va bene.

Vogliamo far finire l’astinenza prima e arriviamo allo stadio a curva ancora vuota, tornelli liberi e steward in vena di tastare il mio zaino. Questa volta i chicchirichì ci sono e chiedo di essere gentili per non schiacciare i portafortuna. Mi sa che stavolta avrebbero fatto bene ad avere meno cautela. Abbiamo modo di prendere tutti i posti che vogliamo, sempre garbatamente, per tutti i compagni che sono in arrivo e nel frattempo abbiamo gli occhi puntati sulle notizie da Roma. Col cuore e la testa siamo lì. E inizialmente siamo poco concentrati sulla partita. Capiamo da soli che esistono cose più importanti di Napoli-Parma. Anche se già dopo il primo quarto d’ora, sono sicura che l’indignazione era la stessa.

Il pre-partita è passato dal serio al faceto con una velocità impressionante. Chiacchiere da salotto intellettuale su politica/camorra/finanza cercandone le differenze, chiacchiere nostalgiche da bar dello sport su fratelli emigranti che hanno visto Napoli-Lazio dello scorso anno da Santo Domingo e che con le lacrime agli occhi attendevano telefonate di amici laziali. Gli stessi amici che si erano fatti sentire sullo 0-2 sfottendo non poco. Nel pre-partita preferiamo questi aneddoti a quelli di politica/camorra/finanza. Quando facciamo fatica a trattenere i posti, ecco che arrivano i rinforzi e riusciamo ad occupare tutto su tre file. Uniti e compatti come piace a noi. Qualcuno dice di restare concentrati, altrimenti i ragazzi in campo si rilassano anche loro. Abbiamo ampiamente dimostrato che la telepatia non funziona.

Qualcun altro fa finta di leggere la pagina sportiva del giornale mentre viene rimproverato di essere “ ’na genovese sbagliata!”. E’ la condivisione di queste perle che ci fa amare la nostra curva. Altri ancora fanno passare un volantino fantastico da tifo organizzatissimo: l’ABC della curva. Difficile non dire è p-e-r-t-e-è-p-e-r-t-e-è-p-e-r-t-e su “Canta lentamente e scandisci bene le parole”, vorremmo trattenerci, senza riuscirci, su “Quando s’intonano cori abbinati a dei saltelli non scomporti troppo”, e avremmo dovuto grattarci su “Canta sempre con tutto te stesso e non farti influenzare dalla partita o dal risultato”. Non l’abbiamo fatto e il risultato ha influenzato il nostro turpiloquio.

La partita delle 18, intanto, finisce e si sente un boato. L’Inter piagnucolona dell’ultima settimana perde a Catania con un rigore, pare, dubbio. Peccato non aver avuto l’esclusiva! C’è chi ci chiede con chi gioca l’Inter e dopo aver saputo del Catania ha candidamente chiesto: “ Dove? A Bergamo?”. E’ in evidente stato confusionale da trans agonistica. Gli vogliamo bene soprattutto per questo.

Ore 20 o giù di lì, mangiamo in attesa che arrivino due ritardatari, giustificati da figli con febbre, per il nostro rito con chicchirichì. Di solito mangiamo sempre prima del fischio d’inizio perché dopo lo stomaco è chiuso, ma stavolta abbiamo un motivo in più. C’è un p.s. dell’ABC del tifo organizzatissimo che dice : “All’intervallo invece di mangiare il panino RILEGGI IL VOLANTINO”. Noi facciamo salva la sacralità del vademecum e obbediamo.

Con i giocatori già in campo, notiamo, come facciamo tutti gli anni, che Giovinco è alto meno della bandierina e apriamo i nostri chicchirichì. Restiamo uniti, compatti e concentrati durante il nostro rito scaramantico. Facciamo partecipare anche via telefono l’amico in giro per lavoro che soffre da lontano. La nostra parte l’abbiamo fatta.

La nostra.

Aspettiamo al freddo improvviso calato sul Vesuvio che anche gli 11 in campo facciano la loro. Passa un tempo. 45 minuti infiniti. Niente. Ne passa un altro e il Parma ci sveglia una volta e reagiamo. Ci sveglia un’altra volta e reagiamo meno. Un palo che non basta ad eliminare la nostra delusione. Al goal del GobbiGialloBlu volano imprecazioni di tutti i generi. Al goal di Mascara pure, invitandolo gentilmente a festeggiare dopo a casa sua che noi vogliamo avere il tempo di vincerla questa partita. Che anche un pareggio ci sta parecchio stretto se vogliamo puntare in alto. Ma al secondo goal di ModestoMaNonTroppo ci guardiamo silenziosi. Troppe distrazioni, troppi errori, troppo molli.

Ci salutiamo poco convinti dicendo sottovoce : “A martedì”. E tornando all’auto ci spaventiamo per i commenti poco scherzosi di una signora convinta di dover ammazzare la cognata. Aveva avuto l’ardire di prevedere un 1-2 in favore del Parma, solo per fare un torto al marito troppo tifoso. La signora ci lascia minacciando : “Lo lascio vedovo a mio fratello! Domani mi leggerete sui giornali”. Speriamo che la cognata se lo sia giocato il risultato. Almeno un sussulto di felicità prima di morire e qualcosa in eredità al vedovo. Insomma, torniamo delusi, preoccupati per la cognata lanciatrice di anatemi e con tante voci intorno che ripetono: “ Così ritorniamo coi piedi per terra”.

Sinceramente, già col Chievo poteva, stare coi piedi per terra credo significhi anche sapere di poter batter in casa il Parma, se giochi sul serio. Sinceramente, ho sempre creduto che l’unica squadra in forma sia la Juve (che in casa al Parma gliene ha dati 4) e che noi siamo in pieno casino d squadre in una classifica corta di un campionato mediocre. Sinceramente, io continuerò a tifare questa squadra anche con Chavez e Pandev in campo. Sinceramente, credo che manchino ancora un sacco di partite e demoralizzarsi adesso significhi solo farsi del male. E sinceramente, credo che la vera questione sia: “Ma i chicchirichì martedì li portiamo, o no?!”.

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