CdS Anche la difesa ha i suoi tre tenori

C’è un altro tridente nel Napoli, un tridente di cui si parla pochissimo ma che è stato altrettanto determinan­te in questo felice avvio di stagione. In Champions come in campionato. E’ il tridente difensivo, quel trio piazzato da­vanti a De Sanctis che si cura di mettere il bavaglio agli at­taccanti avversari. Campagnaro-Cannavaro-Aronica. Or­mai anche i bambini ripetono a memoria quei cognomi. Li chiamano i giganti di Fuorigrotta, i bronzi di Castelvoltur­no, il muro azzurro. Non sanno più come definirli. Con De Sanctis formano una barriera affiatata quanto invalicabile. Merito soprattutto loro se in campionato, il Napoli ha incas­sato solo tre reti in cinque gare, due peraltro ininfluenti, una a Cesena, l’altra in casa con il Milan. Merito anche lo­ro se a Manchester gli azzurri hanno strappato un pareg­gio insperato e se Pepito Rossi e Nilmar con il Villarreal so­no rimasti a bocca asciutta al San Paolo. Un solo rimpian­to che però lascia il tempo che trova: ci fossero stati anche loro a Verona con il Chievo, probabilmente Moscardelli non avrebbe trovato quel guizzo. Invece, c’era solo Aronica, pe­raltro al centro della difesa, tra due giovani argentini.

LA SFIDA – Eppure non si parla abbastanza di loro, non ven­gono riconosciuti appieno i merito di questi tre corazzieri, non più giovanissimi, che sono stati capaci di mettere la museruola a gente del calibro di Dzeko ed Aguero, o di Pa­to e Cassano, Forlan e Pazzini. Campagnaro, Cannavaro ed Aronica sanno che la vita del difensore è questa: mantene­re inviolata la propria porta sapendo che il giorno dopo in copertina vanno comunque gli attaccanti. Ma per loro tre si tratta di una sfida nella sfida: Campagnaro, non più alle prese con problemi muscolari grazie all’attenzione dello staff sanitario del Napoli, vuole mettersi alle spalle il ter­ribile incidente stradale dell’estate scorsa e sta dando tut­to se stesso in campo per dimenticare e distrarsi; Cannava­ro, napoletano con l’azzurro nelle vene, non sperava altro che spingere il Napoli più in alto possibile con la fascia di capitano al braccio; ed Aronica, che s’era rifiutato di anda­re al Bologna, ci tiene a far ricredere chi pensava che non avrebbe potuto più offrire un contributo alla causa. Insom­ma, tre giocatori, ognuno con motivazioni tali dentro da scendere in campo decisi a vendere cara la pelle ed a mi­surarsi contro chiunque. Hanno dalla loro, esperienza e cattiveria agonistica; mestiere e personalità; grinta e forza fisica.

LE RIVINCITE – Già nel campionato scorso avevano avuto mo­do di cimentarsi insieme ed a volte anche con esiti eccel­lenti: a Firenze, la prima di campionato; in casa con la Ro­ma; a Marassi con il Genoa; a Bari; all’Olimpico, sponda giallorossa; al San Paolo con la Lazio e con l’Inter. Mazzar­ri, però, preferiva avvicendarli alla luce degli impegni di Europa League. E non sempre capitava di vederli insieme. Ma che godessero della stima del tecnico era fuori di dub­bio. Mazzarri aveva già avuto alle sue dipendenze Campa­gnaro (alla Samp) ed Aronica (alla Reggina). Ne conosce­va pregi e difetti. E soprattutto l’integrità morale. A Can­navaro, invece, ha restituito il ruolo di leader della difesa, gli ha limato certe approssimazioni in marcatura, lo ha por­tato ad una maturazione straordinaria, sia tecnica che fisi­ca. E quando Prandelli non ha ritenuto opportuno convoca­re il capitano in nazionale, a Castelvolturno se la sono ca­vata con una scrollata di spalle. Tanto, la rivincita del gi­gante della Loggetta si consumerà in campionato e Cham­pions League. Ma è di Totò Aronica la rivincita più tangi­bile. Il difensore palermitato è stato la vera rivelazione di questo avvio di stagione. Si è ritrovato titolare per caso. Era partito come vice Dossena, o vice Cannavaro, o vice Britos ma sempre vice era. Ed a lui stava anche bene quel ruolo dal momento che la società aveva deciso di privarse­ne. Poi dopo l’infortunio di Britos al Camp Nou (e la cessio­ne di Ruiz), ecco che Mazzarri lo richiama in prima linea. Ed Aronica sfrutta al volo la chance. Le ha giocate tutte, persino quando l’allenatore aveva deciso di farlo riposare (in casa con la Fiorentina). Ed al termine di ogni prestazio­ne, critici e tifosi meravigliati: «Ma quel numero sei è dav­vero Aronica?» . Tutti sbalorditi.

Fonte: Corriere dello Sport

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