CdS: Napoli, 21 anni dopo

C’è un velo di polvere sulla memoria ma quel viaggio a ritroso – che poi magicamente di­viene un’immersione nel futuro ­è un block notes dal quale emer­ge la malinconia del bel tempo che fu e poi la felicità d’una real­tà (finalmente) dorata; e tra una pagina allaltra, sfogliando ciò che;è stato e assaporando ciò che cè, la storia che traspira da quei fogli immagi­nari è una boccata d’energia, un cock­tail d’emozione. Il Napoli contenuto in quel caleidoscopio è un festival d’eroi d’amare per sempre e da Maradona a Lavezzi, da Careca a Lavezzi, da Zola ad Hamsik, dal 7 novembre del 1990 al 14 set­tembre del 2011, c’è un filo az­zurro che collega gesta ed idoli e colma quel vuoto ventennale riempito dai ricordi e dalle spe­ranze.

COM’ERANO – Il freddo, il gelo e un sipario che cala mestamente su un’epoca: ciò che resta di quei favolosi anni ‘80 e ‘90 è un poster ridondante di date simbolo, però Mosca costituisce il passo d’ad­dio con l’estabilishment, il con­gedo ( annunciato) dal ghota, la frattura tra l’universo onirico ( che culmina con il primo scu­detto e la coppa Uefa) e l’antica­mera dell’inferno (che si spalan­ca gradualmente, attraverso la crisi economica). In Spartak-Na­poli è rappresentata, tout court, la caduta degli dei e la partita, in sé, resta persino un’appendice ri­spetto alla vigilia tormentata, persi­no dolorosa, ch’esibisce pubbli­camente i disagi di Maradona e trasci­na verso il Calvario. L’inizio del­la fine è in quel caos ingoverna­bile nel quale il Napoli piomba poco prima del decollo, quando scopre che Diego preferisce ri­manere in via Scipione Capece prigioniero di se stesso, delle sue debolezze: lo 0-0 al novantesimo, senza Careca e con Maradona ­arrivato poi in charter – che do­po un’ora sostituisce Zola, è una beffa concessa dal destino, poi crudele dal dischetto per un 5-3 che fa da buttafuori dalla Coppa Campioni.


IL TRAMONTO
– La generazione di fenomeni comincia a traslocare rapidamente, ma ventuno anni fa, prima dell’uscita di scena da quel palcoscenico per stel­le, l’eredità degli anni ‘ 80 re­stava tecnicamente sontuosa: certo minata dalla trasforma­zione dei tempi, dall’avvento di Berlusconi, dal potere econo­mico di Inter e Juventus, dal­l’esplosione della Sampdoria di Mantovani, e però comunque seducente. Il ri­gurgito d’orgo­glio che conse­gna al Napoli il secondo scudet­to è però sublimato pure da una squadra che fonde la scuola italiana ( Ferrara, Crippa, De Napoli, Mauro, Carnevale, Zola) a un’espressione indiscutibil­mente elevata di talento inter­nazionale (Maradona e Careca, con il sostegno tattico di Ale­mao) e quel trionfo, però, oc­culta le emergenti difficoltà economiche d’un club (presie­duto da Ferlaino e governato strategicamente da Luciano Moggi) che ha pure meno risor­se rispetto ai concorrenti.


COME SONO CAMBIATI
– Il re è solo, persino nudo, e il Napoli s’ag­grappa all’arte di arrangiarsi (via tutte le stelle, da Ferrara a Crippa e da Cannavaro a Zola), s’imbatte in una serie di avvi­cendamenti al vertice societa­rio, viene salvato attraverso una serie di contorsioni, ballonzola sulle plusvalenze, resiste sino al ‘98 in serie A, crolla tra le brac­cia dell’ingegner Ferlaino in se­rie B, risorge mo­mentaneamente per un anno, poi s’ag­groviglia in una se­rie di gestioni insoli­te ( il duopolio Cor­belli- Ferlaino) o managerialmente terrificanti (Naldi) e trasforma in mise­ria la nobiltà, presentandosi al­la Fallimentare dal portone principale: ad agosto del 2004, gli scudetti finiscono con i rim­pianti – e un cumulo di debiti in­sopportabile per chiunque – nel­lo scantinato ed il san Paolo è di­venuto un guscio vuoto, un de­serto sulle cui dune spuntano Lavezzi e Gargano, Hamsik e De Sanctis, Paolo Cannavaro e Ca­vani. Manchester- Napoli non è un miraggio, ragazzi!

Fonte: Corriere dello Sport

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