Ma quali riserve?

Una sentenza, un punto esclamativo di una squadra che chiede aiuto, un segno di evidenziatore su una rosa corta e una panchina inadeguata. Tutto questo è la traduzione dell’ennesimo tentativo di turnover di Maurizio Sarri. La Coppa Italia è la vetrina di una squadra che non è ancora pronta a sostenere una stagione piena di impegni.

Perché se è vero che giocare con le riserve in determinate competizioni equivale a snobbare queste ultime, è altrettanto vero che non è sostenibile far giocare tutte le gare sempre agli stessi giocatori. Perché è normale che non siano tutti come Callejon, che da quando è a Napoli ha giocato 236 partite su 239, dunque diventano fondamentali le riserve.

Ma le riserve del Napoli sono davvero fondamentali? Una domanda ancor più provocatoria sintetizzerebbe meglio la situazione: ma quali riserve? Sì perché è chiaro il calo delle prestazioni degli azzurri quando non ci si affida ai titolarissimi e sono altrettanto chiari gli errori dei singoli che poi determinano inevitabilmente le gare. Ma è ancora più chiaro come, puntualmente, si debbano fare dei cambi ad hoc allo scadere per mettere in campo giocatori fondamentali, troppo fondamentali, nel tentativo di rimettere in piedi la partita.

La Coppa Italia, come si diceva, è la miglior rappresentazione di questa condizione molto particolare. Contro l’Udinese il Napoli 2 aveva faticato, Sarri aveva provato a fare a meno di colonne portanti come Mertens e Insigne, ma a mezz’ora dal termine ha dovuto ripensarci: dentro loro due, è arrivato il gol del Napoli (dello stesso Insigne per l’esattezza).

Dinamica simile con sorte diversa la gara di ieri contro l’Atalanta. Provare Callejon punta, dare minuti a Ounas, a Chiriches e agli altri che generalmente trascorrono le domeniche seduti in panchina, ha dato la risposta alla domanda sul perché trascorrano le domeniche in panchina. Napoli in difficoltà e Sarri si affida – di nuovo – a Insigne e Mertens, stavolta a segnare è stato il belga. Troppo tardi però, l’Atalanta ha vinto lo stesso.

Se ci fosse ancora Eduardo, queste riserve si potrebbero chiamare “Questi fantasmi” come una sua celebre commedia. Fantasmi, distratti, impalpabili, poco concreti, tranne che per qualche raro sprazzo di personalità (Ounas su tutti). Poi errori banali, cali di concentrazione, scelte di tempo sbagliate e imprecisione (Chiriches in occasione del gol di Gomez). Non si è qui a fare un processo alle riserve, si vuole soltanto evidenziare un problema che ha già ben pensato di evidenziarsi da solo.

Il problema è che il Napoli è basato su alcuni singoli insostituibili e dunque costretti a non poter riposare, a far andare nel panico i tifosi per una loro assenza, per un loro infortunio o anche per un semplice raffreddore. Ghoulam e Insigne ne sono la dimostrazione. È dunque questo il vero limite di una squadra che essa stessa di limiti se ne pone coscienziosamente, sapendo che tre competizioni contemporaneamente non si possono reggere. La dipendenza da pochi elementi comporta un’oligarchia tattica, una gabbia dorata dalla quale non ci si può liberare.

Oggi comincia il mercato, per alcuni l’opportunità di sistemare alcune situazioni complicate, arricchire la rosa, trovare i profili in grado di essere all’altezza della squadra, pronti a essere chiamati in causa. Forse, però, gennaio non è il mese giusto per fare certe ricerche dal momento che i grandi nomi non si muovono. E al Napoli questo serve: grandi nomi, non ripieghi.

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