L’ultimo gradino del podio: rimpianti e goduria

La settimana delle disillusioni. Delle imprecazioni per le occasioni sprecate. La settimana in cui il sogno di vedere la Roma incastrarsi goffamente tra Milan e Juventus è definitivamente svanito. E il Napoli sempre più stupefacente ammirato a Torino dovrà presumibilmente arrendersi al terzo posto. Quel Napoli tra i più belli di ogni epoca, rullo compressore di record macinati e gol a catinelle. Una sorta di immeritata condanna alla quale non è possibile appellarsi. Allora inveiamo contro noi stessi e le nostre mancanze. Le prime due sul podio inanellano maggiori meriti (o meno demeriti, decidete voi) e forse un pizzico di fortuna dalla loro parte.

UN PUNTO DALLA ROMA. Due, a dir la verità. Perché lo scontro diretto è il primo vero spartiacque. Bene, partiamo da qui. “Ho peccato contro Pescara, Palermo e Sassuolo” è uno dei mea culpa più in voga tra le mura ecclesiastiche partenopee. Punti gettati al vento, ma forse non una discriminante fondamentale. Nell’infortunio di Milik, piuttosto, troviamo il bandolo della matassa. Nella fretta di doversi riassestare all’indomani di un’improvvisa emergenza. Gabbiadini meritava fiducia prima di alzare bandiera bianca. Mertens meritava tempo prima di essere ribattezzato nueve senza falso. Quel tempo che in buona sostanza ha compromesso la stagione azzurra. E in quell’intervallo ci siamo inchinati prima alla Roma, poi alla Juve. Con i giallorossi corsari a Fuorigrotta persino meno di una settimana dopo la perdita di Arek. Eccoli i due punti di distacco. Non perfettamente riequilibrati dopo la gara di ritorno, che ha ribaltato i valori ma non le statistiche. Poi certo ci sono i 14 rigori a favore dei capitolini, qualche partita agguantata per i capelli e la prima della classe in vacanza premio all’Olimpico domenica scorsa. Conta tutto, senza dubbio. Così come conta l’ordine cronologio dei fatti. E gli ultimi 180′, già troppo sottovalutati.

CINQUE PUNTI DALLA JUVE. Sette-Otto, azzarderei, a meno che non si voglia credere alle favole. I bianconeri hanno speculato sul proprio rassicurante vantaggio nelle ultime giornate, mentre gli azzurri sono sempre stati costretti a vincere ed inseguire. In questo confronto, a differenza del precedente, gli scontri diretti sono meno influenti. Vero è che il Napoli non è riuscito a battere i detentori del tricolore, ma li ha messi alle corde in più circostanze. Era già accaduto negli ultimi anni, ma la novità è l’approccio diverso anche davanti allo spauracchio Stadium. Con quella semifinale d’andata di Coppa Italia denunciata ormai da ogni angolo. Nella maratona campionato, tuttavia, il discorso è diverso. Gli juventini mostrano ancora una marcia in più sulla lunga percorrenza. Continuità nella rabbia e concentrazione sempre ai massimi livelli dividono i due progetti. Paradossalmente, però, proprio dalla doppia infausta sfida contro la Vecchia Signora, i partenopei sembrano usciti con un’altra consapevolezza. Negli ultimi tre mesi l’approccio alle gare e la capacità di dominare su tutti i campi sono diventati marchi di fabbrica di una mentalità più matura. Aggiungerei una provocazione. Siamo sicuri di voler gufare in massa per evitare che si aggiudichino il famigerato Triplete? Siamo sicuri che vincere tutto non possa chiudere un ciclo e risistemare le carte in tavola? Lo so, un realismo un po’ provincialotto. Ma va ammesso che congelare i ritmi della Juventus 2012/2017 è impresa oggettivamente titanica.

Quattro punti in più, infine, sono quelli rispetto al Napoli di Higuain e del primo Sarri. Questa squadra è dunque migliorata nel rendimento oltre che offrire uno spettacolo accattivante. L’inchino degli ultras al maestro toscano con lo striscione di Napoli-Cagliari riflette il pensiero di tutti i tifosi napoletani. Non si vince ma ci si diverte, e molto. L’entusiasmo ha raggiunto picchi insperati, se si pensa al pienone previsto con la Fiorentina. Non è un match di cartello, ci si gioca un secondo posto a distanza con percentuali bassissime di realizzazione. Ma vedere questo Napoli è un piacere e salutare l’ultima dei ragazzi al San Paolo è praticamente un dovere a prescindere dal resto. Una piazza proverbialmente pretenziosa, lunatica ed affamata ha fatto la sua scelta. Ha scelto di incantarsi. Ha scelto il “circo”. Leggerezza, passione e fantasia sono il mix alla base di qualsiasi successo.

Ivan De Vita

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