Ciao Gonzalo, questa notte non è più nostra

Un giorno all’improvviso. Anzi due. Risalirai quegli scalini. Saranno molti di più di quanto tu possa ricordare. Sarai di nuovo al centro di tutti i nostri pensieri. Quel boato assordante, questa volta, ti randellerà le caviglie come un marcatore di seconda categoria. 60mila ugole tenteranno di ribadirti le conseguenze delle tue scelte professionali. La tre giorni dedicata a Napoli-Juventus è alle porte. Due gare nelle quali tutti i radar saranno inevitabilmente puntati su Gonzalo Higuain. Una calamita pericolosa, tuttavia. Il San Paolo si lasci scivolare addosso il passato, seppur bello e struggente. Il Napoli è ciò che realmente conta.

L’amore e il tradimento applicati al calcio. Mai ci fu un campo meno adatto per questo connubio. Già accaduto più volte, tra l’altro, all’ombra del Vesuvio. Da Josè Altafini a Fabio Quagliarella, fino alla rumorosa accoglienza per Edinson Cavani in quella famosa amichevole d’agosto contro il Psg. Il Pipita ha oggettivamente “difeso la città” sul terreno di gioco, ha ammaliato gli occhi con le sue prodezze e racimolato anche qualche coppetta. Rispetto al Matador, però, l’argentino ha voluto identificarsi con il tifoso azzurro, ha saltellato con lui sotto la curva, si è schierato contro il potere precostituito ed è scoppiato d’ira per i favori concessi ai pluripremiati. La fuga mano nella mano con il peggiore dei nemici, la pantomima madrilena tra le spine della notte, è un affronto che merita l’esilio da tutti i cuori partenopei. Il cuore, ecco. Qui c’è la chiave di volta. Le fredde decisioni legate ai propri interessi sono ormai all’ordine del giorno in questo sport. Non c’è Uomo, nell’accezione più nobile del termine, che sappia tener testa. Illudersi di aver trovato il proprio paladino contro le ingiustizie è un sogno lecito ma troppo distaccato dalla realtà. Questi colpi bassi aiuteranno una piazza intera a maturare. Non si può certo morire d’amore.

Meno di un anno da quella meravigliosa rovesciata in Napoli-Frosinone che valse la 36esima perla della passata stagione, un traguardo difficilmente eguagliabile. Uno scudetto, invece, aiuterà a riempire la bacheca dei trofei da comprimario. Nulla più. Un popolo ai suoi piedi, allora. Lui ai piedi di un intero popolo, tra poco più di 48 ore. Un popolo che l’ha reso grande e gli ha restituito fiducia e credibilità, quando anche in Argentina gli avevano voltato le spalle. Come cambiano le inquadrature. Ora quella gente lo sta aspettando per chiedergli di restituire tutto. Fotogramma dopo fotogramma. Tanta è la rabbia coltivata, tanti i fischi e i cori nella quale sfocerà. Non mancherà l’ironia pungente, quella capace di trapassare la pietra, compagna epica degli abitanti di Partenope. E ci sarà una porzione, uno spicchio ancora indefinito, che si abbandonerà all’indifferenza. L’arma più affilata e dissacrante, che porrebbe un’icona alla stregua di un passante incrociato al parco. Un esercizio di amor proprio piuttosto complicato, ma fulminante nella demolizione di un ego mai del tutto costruito. Un ego con “attributi” fiammanti, mostrati a Doha in mondovisione e probabilmente lasciati laggiù come omaggio agli sceicchi.

Come al solito, dunque, non sarà una gara qualsiasi. Ma, quanto meno, deve tornare ad essere una sfida sul campo e non una sceneggiata per arricchire tv e giornali. Accogliamo il numero 9 bianconero senza romanzare più di tanto, poi accomodiamoci e pensiamo a noi. Rientriamo nel clima globale di una rivalità mai attenuata, Higuain ne sarà solo l’ennesimo degno rappresentante. Ci si concentri sul secondo posto da inseguire ed una finale di Coppa da guadagnare. La carica dagli spalti è indispensabile, sarebbe stupido tramutarla in una futile caccia alle streghe. La Panchina d’Oro acquisisce valore intrinseco solo incastonandola tra tante vittorie e questo mister Sarri lo sa benissimo. Maurizio sarà l’unico a non farsi scappare nemmeno un insulto per il suo figlioccio argentino. Non solo perché la simbiosi nata tra i due ha oggettivamente giovato ad entrambi. Ma perché l’addio del Pipita ha permesso prima il rafforzamento di una rosa già valida e in seguito l’esplosione delle idee sarriane a prescindere dalla presenza di un attaccante di ruolo. Questi due match ravvicinati rappresentano la stretta finale. Il taglio netto del cordone ombelicale. La dimostrazione che Napoli sopravvive a qualsiasi privazione. C’è vita oltre il Pipita. Ciao Gonzalo, questa notte non è più nostra.

Ivan De Vita

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