Le lacrime di un bambino che gridano ancora vendetta: non sarà mai una partita come le altre

Da sempre le partite con la Juventus, per i tifosi del Napoli, rappresentano l’appuntamento della stagione. I bianconeri sono i rivali più odiati, simbolo di un potere che da quasi un secolo ormai imperversa nel calcio e non solo. Insomma, Napoli-Juve è per molti qualcosa di più di una semplice partita, spesso un motivo di rivalsa nei confronti del Nord ricco e pigliatutto.

Eppure, se rifletto bene, c’è un’altra squadra che io considero avversaria più delle altre. Una squadra che, un pomeriggio di maggio di tanti anni fa, mi ha fatto piangere come poche volte nella mia vita. Sì, avete capito bene: si tratta del Milan. È la partita con il diavolo rossonero che a me, personalmente, mette una tensione diversa rispetto alle altre. Perché ci sono episodi, nella nostra vita, che difficilmente possono essere dimenticati. Ecco, quella partita del primo maggio 1988 è uno di questi. 

Il Napoli era quasi invincibile. Forse, a detta di molti, il più forte della storia partenopea: era la squadra della Ma.Gi.Ca. Non solo quei tre però. Perché c’erano Ferrara, Francini, Renica, De Napoli, e una forza schiacciante in alcune occasioni. Per due terzi del campionato, dominatrice assoluta. Partite che finivano con 3, 4, a volte 5 gol di scarto. Un Maradona che così forte e trascinatore lo si è visto raramente. Poi qualcosa si inceppò. Diego, nelle ultime uscite televisive, ha tenuto a ricordare che bisogna allontanare i fantasmi della camorra, del calcio scommesse, di una partita che molto definirono venduta. Più semplicemente, il Napoli non ne aveva più: benzina finita, le gambe correvano solo nel primo tempo per poi cedere di schianto nella ripresa.

Successe così anche quel pomeriggio. “Non voglio vedere nemmeno una bandiera rossonera domenica”, disse Diego in settimana. Alla fine, in uno spicchio del San Paolo, alcuni tifosi del Milan riuscirono comunque ad entrare. Ed esultarono loro, prima che la magia di Fuorigrotta desse al mondo intero una lezione di civiltà.

Dopo 36 minuti Virdis portò in vantaggio i rossoneri. Ah, Virdis. Quel baffo che sapeva di beffa. Quanto ti ho odiato, da ragazzino. Poi Diego decise che bisognava fare qualcosa. E allora, sul finire del primo tempo, palla nel sette alla destra di Galli. Uno di quei calci di punizione che sembrano stelle comete per quanto sono belli. Quel gol ci ridiede speranza.

Poi però ancora Virdis (mannaggia a te!) e infine Van Basten, riportarono il Milan in vantaggio nella ripresa. E il gol di Careca servì solo a fissare il punteggio sul 2-3. Alla fine della partita, ci fu il sorpasso in classifica: Milan 43, Napoli 42. Con i rossoneri che si avviarono a scrivere la prima pagina dell’epopea degli olandesi, vincendo quello scudetto. Gli 80 mila e passa del San Paolo si alzarono in piedi. Applaudendo, per qualche minuto, la squadra di Arrigo Sacchi. Una lezione di civiltà che ancora, a distanza di anni, è giusto ricordare.

Ma resta l’amarezza. Il sapore sgradito di quelle lacrime calde che scendevano lungo il viso del bambino che ero. Un ricordo che non riesco a cancellare. Che si rinnova ogni volta che in un campo di calcio c’è una maglia azzurra e una rossonera. E che, ancora oggi, grida vendetta. Per questo Milan-Napoli, per me, non sarà mai una partita come le altre.

Vincenzo Balzano

Twitter: @VinBalzano

https://www.youtube.com/watch?v=Wwhx2Mm_Wr4

 

 

 

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