“Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria”

È una roba assurda, da non crederci, da mettersi le mani nei capelli e guardarsi intorno stralunati. Da spegnere la televisione e imprecare, per poi riaccenderla perché in fondo senza Napoli non si riesce a stare. L’ira è tanta, la speranza anche: sensazioni che si trascinano fino a tramutarsi, quasi senza accorgersene, in tristezza. Una lacrima, forse, sarà scesa a molti. È una lacrima di disorientamento, di consapevolezza che le certezze trovate sono andate in fumo in un nonnulla. È una roba da lasciare lo stadio in anticipo con le orecchie fumanti, prima di tornare a casa e accorgersi che no, non è ira, è solo tristezza.

È la tristezza che magari ti porta a ripensare agli errori compiuti: i fischi a Insigne, ad esempio. È una tristezza che si materializza sugli occhi del ragazzo: scoppia in un pianto primordiale, da bambino, d’attaccamento, quasi chiede scusa. Vorrebbe evidentemente fare di più ma non ci riesce. È una tristezza che accompagnerà Jorginho per il resto della settimana: avrebbe voluto regalare una gioia a Salvatore, il bambino che era scoppiato in lacrime dopo il suo errore con la Roma e che nella notte europea ha dovuto sperimentare di nuovo l’amarezza del pianto. C’è tanto da rimuginare: in casa Napoli c’è tristezza, c’è angoscia, tensione, rabbia, sgomento e malinconia. C’è la voglia di spaccare il mondo, al tempo stesso quella sensazione d’impotenza che ti porta a realizzare la tua piccolezza. Si legge fra le righe del discorso di Mertens al termine della partita, si vede sul volto emozionato di Maurizio Sarri. mertens

Non ci sono arringhe che tengano: è crisi, e per uscirne servono tre punti. Oro colato, di questi tempi. Tempi bui, tempi da dimenticare al più presto, da affogare nelle lacrime di disperazione per temprare lo spirito e uscirne un tantino più forti. Tempi da intrecci inverosimili alla “Così è (se vi pare)” di pirandelliana memoria. C’è tanta tensione, nell’angoscia di fallire un passaggio o un calcio di rigore. Sembrano lontani in tempi del Napoli che divertiva e si divertiva. A far riaffiorare il ricordo ci ha pensato un Sarri emozionato: “Dobbiamo tornare a divertirci e a essere più spensierati”. Come con il Benfica, tempi in cui s’andava in giro a petto in fuori e testa alta. Dove ci si godeva un’ora e mezza di spettacolo puro, d’intrattenimento piacevole e – per l’appunto – spensierato. Sembra un’infinità fa, sembra un idillio perduto nel tempo: sono bastate tre partite a dubitare di tutto in maniera cartesiana, come se la gara con il Benfica non fosse mai esistita. “Nessun maggior dolore, che ricordarsi del tempo felice ne la miseria” (Dante). Ora restano le lacrime, i fischi, le tensioni: presto – però – tornerà la vera essenza del calcio, quella più pura e genuina: il divertimento. È questione di tempo.

Vittorio Perrone
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