Per Manolo ed il Napoli, serve un nuovo Club Brugge. Tempo di scelte e a metà campo Diawara scalpita…

Prime pagine, per esigenza e responsabilità. Indiscusso protagonista lo sguardo cupo di Manolo Gabbiadini, fuori dai giochi senza colpo ferire prima del sessantesimo dopo l’ennesima prestazione asfittica, senza nerbo né piglio. Resa incodizionata. E ancora peggiore, perché stavolta da unico, vero, centravanti di ruolo dato il grave infortunio di Arek Milik.

Critiche giuste e doverose nei confronti del classe ’91 bergamasco, la prestazione parla da sé. Ma necessità impone di ampliare gli orizzonti e scandagliare, al meglio, la realtà che la sconfitta contro la Roma ha palesato. A ognuno il suo, perché se da un lato l’ex Samp non ha di certo brillato, è pur vero che le soluzioni offerte dai compagni di reparto non hanno di certo esaltato al meglio doti, indole, dell’attaccante azzurro. Sarebbe quindi ingeneroso far ricadere l’onere di una sconfitta che brucia, dà poca tregua, tutta sulle spalle di un singolo. Giudizi al netto di un gruppo che nonostante una sterile superiorità per circa quaranta minuti non ha di certo incantato, anzi. Ha capitolato al cospetto di un avversario, messo sagacemente in campo da Spalletti, che al termine della contesa è emerso vincitore in ogni singolo scontro diretto, o quasi.

diawara

Il refrain è il consueto: “Manolo non ha le caratteristiche richieste dal modulo di Sarri“. E che non sia un attaccante che fa reparto da solo, in grado di far salire la squadra e lottare, colpo su colpo, con le retroguardie avversarie è un dato di fatto ineluttabile. Ma sono molte altre le doti di cui per genetica il numero 23 dispone, tutte sviscerate e apprezzate nei quasi due anni dal suo arrivo alle pendici del Vesuvio. Capacità di attaccare la profondità, insinuarsi tra le maglie avversarie. Qualità balistiche fuori dall’ordinario, fino a raggiungere l’eccelso, basta trovare l’angolo di luce giusto per innescare il suo mancino. E se fin qui si rientra nelle valutazioni tecniche, che sfiorano il confine dell’opinione, parola anche ai fatti: alla media goal da bomber puro sciorinata in azzurro, uno score che a lungo si è cementato sulla rete ogni partita giocata. Il senso del goal, insomma, nessuno può negare scorra copiosamente nelle vene del bergamasco. E quindi, restando ai fatti, la soluzione sembra lapalissiana: in situazioni di emergenza simili, data l’assenza forzata di Milik, la necessità impone variazioni sul tema. Un nuovo crocevia, senza però stavolta abbandonare quanto di buono costruito, come accadde nella gara contro il Club Brugge nel settembre dell’anno scorso. La gara contro i belgi di Preud’homme fu il Rubicone del primo Napoli targato Sarri. Servirebbe proseguire in scia: ai tempi il 4-3-1-2 sembrava un dogma, poi l’invettiva che cambiò ogni ordine precostituito. Mettere tutti gli interpreti in grado di rendere al meglio per le proprie capacità. E fu l’anno zero, tabula rasa, germogli di un collettivo che avrebbe incantato. Ora, come allora, nessun sacrificio sull’altare di un estremismo tattico che, comunque, sta mostrando le proprie crepe. Lo specchio? L’equilibrio difensivo andato ormai sgretolandosi: dodici goal subiti dall’inizio di questa stagione.

E qui, oltre a errori individuali e defezioni – sei goal al passivo in tre gare con Albiol ai box – un altro nodo viene al pettine: una mediana in totale affanno. E fa specie, con un Jorginho a corto di lucidità e dinamismo, l’ombra del playmaker d’antologia ammirato tra la scorsa e i primissimi scorci di quest’annata, vedere ancora Amadou Diawara attestarsi mestamente a quota 0′ giocati. Diciassette milioni di motivi per non tirare più il freno, oltre l’eccesso. L’ex Bologna starà anche, come dichiarato dal tecnico, “studiando da palleggiatore”, ma resta un predestinato. Potenzialmente il miglior centrocampista della rosa azzurra per caratteristiche fisiche, tecniche e personaltà, immensa per un classe ’97. Si guardi alla stagione da veterano in terra felsinea. Un pizzico di fiducia e l’ex Bologna creerà il problema inverso, tirarlo fuori diverrà impresa. Di questo ne siamo certi. Osare, variare e spaziare. E non capitolare al primo, reale momento di difficoltà. Sfruttare al meglio il materiale messo a disposizione  da una campagna acquisti che ha ampliato le scelte a disposizione del mister a dismisura. De Laurentiis converrà.

Edoardo Brancaccio

 

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